The good girl
Sembra decisamente l'anno di John C. Reilly, prima lo vediamo truce e corrotto poliziotto in "Gangs of New York", poi si sdoppia in marito sempliciotto e cornuto in "Chicago" e "The good girl" sempre, però, con interpretazioni cariche di pathos.
Stavolta è vittima di se stesso, della sua ignoranza e della sua totale mancanza di traguardi nella vita, stimoli che invece ardono nella moglie Justin (Jennifer Aniston / "Rockstar"). Justin vive nella provincia americana dove l'omologazione regna sovrana e dove ieri, oggi e domani sono soltanto nomi diversi dello stesso tempo. Nessun futuro, nessuna ambizione o meglio l'incapacità di crearsene una perchè c'è soltanto un qualcosa ai margini della coscienza che ti dice che potrebbe esserci dell'altro, ma non sei in grado di concretizzarlo.
In questa gabbia esistenziale si crea improvvisamente un'apertura e Justin ci si getta, come le tigri spinte dal domatore nel cunicolo che collega la gabbia alla pista, e una volta li bisogna ballare al suono della musica.
Per Justin quella porta è: Holden (Jake Gyllenhaal / "Moonlight Mile"). Holden, il cui vero nome da schiavo del sistema è appunto, Tom, si sente incompreso come Justin e ha scelto come evasione la via dell'alcool e della droga, ma ora trovando una sorta di anima gemella, riversa tutto il suo sentimento su di lei. Sembrerebbe l'ideale ma per abbracciare questa nuova vita Justin dovrebbe lasciare il marito, la città e soprattutto abbandonare la falsa sicurezza della logorante routine.
Difficile, forse impossibile.
A cavallo tra la determinazione di una Louise (Thelma & Louise) e la totale passività di una Bess (Le onde del destino), Justin si dibatte cercando una via d'uscita man mano che la situazione precipita in una spirale sempre più incontrollabile. Una pellicola che approfondisce molti aspetti dell'animo umano e dei rapporti interpersonali non limitandosi allo storia d'amore tra Holden e Justin. Personaggi che vorrebbero essere crudi e reali come quelli di Larry Clark, ma che non riescono a graffiare nello stesso modo forse perché al regista Miguel Arteta manca quella voglia di gettarsi a corpo morto contro il sistema. Un finale abbastanza scontato e riconciliatore tarpa le ali di un film che non era mai decollato completamente.
La chicca: durante il faccia a faccia con i genitori di Tom / Holden si scorge un microfono nella parte alta dello schermo.
La frase: "È la tua ultima possibilità, saprai coglierla o scenderai nella fossa con le vene piene di vita non vissuta?"
Indicazioni: Per tentare di investigare nell'animo umano senza uccidere il "paziente".
Valerio Salvi
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