Quella sera dorata
E’ ancora una volta un romanzo la fonte di ispirazione di James Ivory e, per la quarta volta nella sua carriera, ad accompagnarlo in questo adattamento è Anthony Hopkins(con lui in "Casa Howard", "Quel che resta del giorno" e "Maurice"). Il libro da cui è tratto "The city of your last destination" è "Quella serata dorata" di James Cameron.
Un professore di letteratura americana si reca in Uruguay per cercare di convincere gli eredi di un celebre scrittore a concedergli l’autorizzazione per scriverne una biografia. Ciò che trova al suo arrivo è una famiglia composta da due vedove (moglie e amante dello scrittore), una figlia di dieci anni, un fratello omosessuale e il suo compagno giapponese. Se inizialmente l’obiettivo della visita è convincerli a dare il loro placet fino a quel momento negato, stando a contatto giorno per giorno con questi personaggi, il nostro protagonista cambia le priorità della propria vita.
Cifra stilistica di Ivory, ciò che più lo ha reso un regista apprezzato internazionalmente, è il riuscire a raccontare con sobrietà e profondità animi e dinamiche sociali di isolati gruppi familiari, specie se borghesi o aristocratici in declino. Seppur stavolta ci si trovi in Sud America, i suoi personaggi continuano ad essere europei; si tratta di tedeschi e inglesi emigrati per varie ragioni nella metà del novecento. L’elemento che destabilizza l’acquisito equilibrio della casa, è l’arrivo dell’americano. Con ritmo compassato Ivory scava progressivamente nel passato e nelle ambizioni di tutti i suoi personaggi. Ad unirli c’è un uomo ormai morto: metterselo alle spalle, che sia attraverso il progetto di una biografia, o affrontando il problema dell’opportunità della stessa, diventa per ognuno di loro il mondo per riprendere in mano la propria vita. Ivory si limita, per certi versi, a rendere fluido un racconto avaro di vere e proprie svolte narrative o di drammatizzazione varie, ma non per questo noioso. Il suo è un cinema composto da personaggi e non da eventi. Può piacere o non piacere, certo è che si tratta di uno stile coerente negli anni e per questo apprezzabile. Non illude, dà ciò che promette e già questo non è poco. Se poi ci si aggiunge la sua bravura nell’assemblare e dirigere il cast (da Hopkins a Laura Linney passando per Charlotte Gainsbourg e Omar Metwally), si capisce perché quando si cita Ivory, si parla di maestro.

La frase: "Mi rifiuto di sottomettermi ad una cosa stupida come la democrazia".

Andrea D'Addio

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