La presenza di Anthony Hopkins di per sè costituisce una garanzia di qualità dell'opera. Tutti gli attori lavorano bene e si calano compiutamente nei singoli personaggi ciascuno dei quali sa trasmettere il proprio karma allo spettatore. Film sublime e interessante, linguaggio gradevole e curato. Significato profondo che fa riflettere. Molto godevole, come spesso accade per i film tratti da romanzi di validi scrittori.
bello ma molto molto bello.... di solito i film tratti dai libri vengono stravolti e molto pià spesso chi non ha letto il libro riesce a capire poco e niente, invece... bè qui invece da un libro meraviglioso è stato tratto un gran bel film... ottima fotografia, cast eccezionale, trama scorrevole e anche qualche spunto su cui riflettere... insomma da vedere e rivedere.... un bravo a tutti e un grazie perchè ogni tanto un film decente che merita il biglietto lo si trova ancora in giro.... ciao ..
Il film è elegantemente noioso se non fosse che ad animarlo provvedono attori di indubbio talento e mestiere tale da sembrare a loro pieno agio (anche troppo). E’ il caso di Anthony Hopkins che si divide tra thriller senza più sorprese (Hannibal et similia) e ironie sottili e discrete, come in Cosa resta del giorno dello stesso regista. Nelle ultime cose infatti il maturo attore recita nell’ambito di questi due ruoli, che si direbbe ormai facciano parte di lui. In Quella sera dorata gli basta un bicchiere in mano per aderire al personaggio, in coppia con Laura Linney nella parte di una mediocre artista, isolata in modesti rancori e apparenti distacchi che mettono la sordina alla sua infelicità più profonda. E poi ci sono i più giovani interpreti, come Charlotte Gainsbourg, bruttina ed espressivamente essenziale, nella figura di ragazza madre dolce ma decisa. La giovane si sente attratta dallo studioso suo coetaneo (Omar Metwally), piombato in quel piccolo gruppo di persone e in quel piccolo ammaliante paese sudamericano, l’Uruguay. Questi, per avere un ambita borsa di studio, è deciso a scrivere una biografia su Jules Gund, autore di un solo romanzo e morto suicida, elementi che gli hanno creato intorno, probabilmente a torto, un’aureola di mistero. Lo scrittore era legato da vincoli parentali o familiari ai personaggi sopra nominati in quanto rispettivamente marito, amante e fratello. C’è poi un quarto protagonista unito da un rapporto tra il filale e l’omosessuale all’anziano fratello del morto (Anthony Hopkins), il quale si prende cura delle terre di famiglia per uscire dall’immobilismo umano ed economico in cui la scomparsa dello scrittore ha precipitato gli altri membri della famiglia. Per il suo fedele amante egli progetta un futuro di tranquillità che alla fine troverà la sua realizzazione. Quando il giovane ricercatore arriva nella casa uruguayana, dove si vive in una consolidata monotonia e insignificanza, la sua presenza funziona inconsciamente da detonatore delle dinamiche fino allora velate. Poco a poco anche lui cambierà la sua vita, a contatto con una realtà diversa, innamorandosi della giovane mamma e stabilendosi in Uruguay. Mentre la vedova di Gund cambia domicilio a sua volta per un nuovo amore, il fratello del morto tiene per sé la conduzione degli affari nel ranch che prospera e si espande. Tutti diventano alla fine coscienti del fatto che a tenerli insieme era la memoria legata al misterioso autore, che è meglio lasciare nel suo mistero. Il tutto è raccontato senza scosse, con dolori non drammatizzati ma di cui si tratta con signorile disinvoltura e un po’ di whisky in più sullo sfondo di una natura assorbente e decadente. Qua e là una spruzzatina di humour garbato che fa pensare al Cechov dei racconti.