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Motel Woodstock
Nel 1969, poco prima di agosto, e dell’inizio del più grande raduno rock di tutti i tempi, il Festival di Woodstock, Elliot Tiber (Demetri Martin), i cui genitori gestivano un fatiscente motel a Bethel, chiamato El Monaco, sull’orlo del collasso finanziario, ebbe un’intuizione destinata a renderlo famoso. Convinse i propri genitori (Imelda Staunton e Henry Goodman) ad affittare sia le stanze che il terreno per l’organizzazione dell’evento. Cinquecentomila persone tra le transenne, più altre al di fuori: un’intera cittadina contagiata dall’entusiasmo… perché, come recita il lancio del film, “una nuova generazione nacque nel suo cortile”.
“Tre giorni di pace e musica a El Monaco a White Lake”: lo slogan dell’evento Woodstock riletto dal regista Ang Lee a partire da una differente e particolare angolazione. Non documentario, non film musicale ma storia personale di una famiglia narrata come una fiction, attraverso le memorie di Elliot Tiber, Taking Woodstock: A True Story of a Riot, a Concert, and a Life, scritte con Tom Monte, che un’intuizione portò al centro della leggenda. Grazie al collaboratore storico, James Schamus, che ne sceneggia la vicenda, Ang Lee porta sullo schermo una divertente, frizzante commedia, con poca musica, in realtà e un palco filtrato dalle visioni allucinate di Tibor, in cui seguiamo, in un climax inarrestabile, il viaggio che portò una comunità tranquilla e rurale dello stato di New York in una sarabanda di musiche e di personaggi di ogni tipo.
Taking Woodstock del viaggio ha tutto il fascino e ne segue tutte le tappe: l’organizzazione - preparativi, luoghi, compagni di avventura - la partenza e il ritorno, quando tutto si vede in un’altra ottica. In più Lee sa trasmettere la frenesia e l’ansia dei giorni precedenti l’evento, in un crescendo di pacifica confusione e invasione. Una sorta di risveglio per una comunità ben regolata, che dapprima reagisce con inquietudine o stupore, poi si lascia assorbire.
L’operazione nostalgia di Lee intrattiene, senza essere una riflessione profonda dell’evento, dato che la trama non va più in là di una carrellata irresistibile di personaggi, un po’ stereotipati, se non caricaturali. Oltre ai genitori increduli di Tiber, con un plauso particolare per la Staunton, si segnalano il travestito Vilma (Liev Schreiber); Bill (Emile Hirsch), giovane di ritorno dal Vietnam; Guy (Paul Dano) hippy che coinvolge Tiber in un triangolo amoroso.
Ang Lee ha dichiarato che il suo intento fosse girare una commedia che divertisse e facesse ridere: di certo ha raggiunto il suo scopo. Di più: dà agli spettatori un’iniezione di gioia e felicità. Ma con troppa leggerezza.
La frase: "Hai idea di che inferno si sta preparando qui?".
Donata Ferrario
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