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Strings
Semplicità. E' questa la parola che mi viene in mente pensando a questo strano esperimento della cinematografia danese. Semplice è la storia, semplice è la realizzazione, semplice la morale. Dopo tanti film in 3D, che sfruttano gli ultimi ritrovati teconologici, vedere un film che ha per protagonisti delle marionette stupisce. La trama è chiara: c'è un buono, un cattivo, una situazione complicata che presto si dipana e una storia d'amore impossibile che non tarda a realizzarsi.
La cosa che colpisce di più è sicuramente l'idea delle marionette (venuta in mente al regista in occasione di un viaggio aereo), che rimanda a quella che abbiamo un po' tutti, di un essere supremo che tira le fila della vita delle persone. Nessuno è padrone del proprio destino, tutti sono coscienti che la propria vita è letteralmente appesa ad un filo. La vita e la morte vengono dispensate quasi con casualità, la volontà dei singoli non ha importanza. Eppure, nonostante l'odio e le incomprensioni, nonostante le differenze e le distanze, tutte le marionette sono legate da un filo invisibile che le tiene unite al di sopra di ogni passione e sentimento. Riuscire a modificare, seppure in maniera quasi impercettibile il proprio destino, dipende proprio dalla presa di coscienza di questa situazione. Le immobili facce dei pupazzi, sembrano trasudare emozioni che forse nessun attore in carne ed ossa avrebbe saputo comunicare in modo così semplice e diretto, merito della regia, dei marionettisti e della splendida fotografia. La morale rimanda a quella delle fiabe di Hans Cristian Andersen (a cui i realizzatori hanno voluto fare un omaggio): spesso si cercano i cattivi lontano dalla propria casa, dalla propria famiglia, ma spesso, i cattivi con cui dobbiamo fare i conti siamo proprio noi stssi.
Alla fine della proiezione, il regista ha spiegato così le sue scelte: "Un giorno pensavo di scrivere una storia: Saddam Houssein si rende conto di aver messo in atto delle scelte sbagliate. Per ovviare al male fatto decide di suicidarsi e lasciare al figlio una lettera con un monito, quello di essere un regnante magnanimo e di cercare sempre e comunque la pace. Ma i generali, suoi collaboratori, trovano la lettera, la nascondono e incolpano i ceceni dell'assassinio del dittatore. Il figlio, in incognito, cercherà di vendicare il padre, ma scoprirà che il tanto amato genitore, da lui creduto generoso e di animo nobile, non è stato altro che un malvagio despota. Dopo aver pensato a questa storia, ho cambiato i nomi ed è venuto fuori il film!".
Teresa Lavanga
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