Step Up 2 - La strada per il successo
Senza perdere tempo, siamo subito avvertiti dalla locandina: “Questa volta stare al passo sarà molto più dura”.
Dopo il grande successo (circa 20 milioni di dollari d’incasso nel primo weekend) ottenuto da “Step up” (2006) di Anne Fletcher, romantica favola hip hop che vedeva Jenna Dewan (“Tamara toccata dal fuoco”) e Channing Tatum (“Guida per riconoscere i tuoi santi”) nei panni di due studenti in una scuola d’arte elitaria, pronti a rischiare tutto pur di realizzare il loro sogno di ballare, arriva l’immancabile numero 2 che, in realtà, rappresenta tutt’altro che una continuazione della vicenda narrata nel capostipite.
Infatti, se il film della Fletcher – che qui figura soltanto tra i produttori esecutivi – raccontava la storia di un giovane ballerino destinato ad arrivare su un vero palcoscenico dopo essere partito dalla strada, “Step up 2-La strada per il successo” capovolge il tutto introducendo una nuova protagonista: la ribelle orfana di madre Andie, con le fattezze di Briana Evigan (“In fuga dal nulla”), ultima arrivata della rinomata Maryland School of the Arts il cui sogno è quello di ballare insieme a un gruppo di strada di Baltimora.
Mentre facciamo conoscenza anche con l’affascinante e talentuoso Chase, interpretato da Robert Hoffman (“SDF-Street Dance Fighters”) ed interessato a raggruppare ballerini per poter partecipare all’importante competizione chiamata “The streets”, è inutile quindi stare a precisare che, al di là di un intuibile sottotesto politico-sociale, non sono assenti audizioni e provini che sembrano direttamente usciti dall’ormai classico “Flashdance” (1983) di Adrian Lyne.
Del resto, con rivalità femminili e abbondanti dosi di dolcificante in fotogrammi, è del tipico prodotto infarcito con tutti gli ingredienti per giovani (più per le giovani, forse) che stiamo parlando, dalla coppia di agili e belli, lei outsider e lui star, alla gara quale occasione per conseguire il successo, con aggiunta di YouTube e MySpace nei dialoghi, considerando che ci troviamo nel millennio della web-dipendenza.
Fortunatamente, però, il nuovo arrivato al timone di regia Jon Chu, ex ballerino poi passato alla realizzazione di elaborati musicali (“Silent beats” e “When the kids are away” nel suo curriculum dietro la macchina da presa), pur senza eccellere non ci fa rimpiangere affatto il piatto stile sfoggiato dalla responsabile del primo capitolo, immortalando con mestiere gli affascinanti numeri di ballo, supportato anche dal fondamentale contributo del coreografo Jamal Sims (già nel cast di “Step up”) e dalla nutritissima colonna sonora black, la quale spazia da Flo Rida a Missy Elliott.
Al solo fine di ribadire che non conta cosa abbiamo, ma quel che ne facciamo, fino all’emozionante e coinvolgente competizione finale, ovvero il momento più atteso dei circa 98 minuti di visione.
E, soprattutto per gli irriducibili seguaci di tutto ciò che riguarda i passi di danza, attendere vale sicuramente la pena.
La frase: "La 410 è l’unica famiglia che mi è rimasta".
Francesco Lomuscio
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