24 Ottobre 2008 - Intervista
"Un barrage contre le Pacifique"
Intervista al regista.
di Diego Altobelli

Presente il regista Rithy Pahn.

Quando ha deciso di realizzare la trasposizione del romanzo di Margherite Duras?
Rithy Pahn: Fu quando vidi "Hiroshima Monamour" di Alain Resnais. Mi ricordo che ancora non conoscevo bene la lingua francese e mi aiutavo con un vocabolario di francese - cambogiano. Però mi colpì moltissimo la sua storia, che rifletteva anche le cose che, con modalità diverse, ho vissuto anch'io a causa del Regime. Lessi quindi altre cose della Duras e alla fine scelsi questo romanzo. Il primo in cui cominciano a imporsi le idee della Duras: dall'anticolonialismo alla ricerca della verità.

Dal suo film, come in fondo anche dal romanzo, emerge che il fallimento della realizzazione di un sogno utopico, è anche causato dalle modalità sbagliate di avvicinarsi al sogno stesso. Crede anche lei che sia così?
Rithy Pahn: Ritengo che l'utopia sia in realtà il percorso. La strada da percorrere. La colonizzazione tenuta nel film certamente, anche nella realtà, ha portato con se tutta una serie di fantasmi e paure e cose negative, ma ha anche portato cose buone. Ora, lì dove nel film c'è la diga, ci sono tre risaie: questo è un esempio di utopia andata a buon fine.

Com' è la situazione del Cinema in Cambogia?
Rithy Pahn: Il mio Paese è ancora molto fragile. Grazie al Cinema, dimostra però di avere tutte le carte in regola per andare avanti e mettersi alla pari con il resti del Mondo. Fare un film dimostra tante cose, prima fra tutte che siamo in grado di "creare".

Come ha scelto il cast?
Rithy Pahn: Non amo mai scegliere il cast. Do per scontato che se ti fanno fare l'attore, vuol dire che sai recitare, e siccome non è un lavoro impegnativo, non mi interrogo mai se una persona è idonea o no per quella parte. Piuttosto mi piace incontrare gli attori, conoscerli, scoprire come ragionano e quello che pensano.

Quanto è stato difficile imprimere sulla celluloide le emozioni linguistiche della Duras?
Rithy Pahn: Le confesso che non ho lavorato molto su questo aspetto. Ho letto il romanzo una sola volta, ma senza appuntarmi nulla. Volevo realizzare un film su quel libro, servendomi esclusivamente delle emozioni che mi erano rimaste in testa. Quindi da una parte ho cercato di rimanere legato al ricordo, dall'altra volevo sentirmi libero di dare una mia interpretazione al testo.

Ci parli della sua storia.
Rithy Pahn: E' una domanda molto complicata. Possiamo dire che sono molto legato al mio Paese, e quello che ho vissuto lì, nel bene e nel male, è stato frutto di una cattiva amministrazione politica. Credo che sia importante imparare a convivere con la propria storia e con la storia del proprio Paese. A anche se il ricordo a volte può far male.

Quali sono i suoi progetti futuri?
Rithy Pahn: Sto per distribuire un documentario sui Kmer Rossi, e tra un anno forse realizzerò un altro anno film di fiction.

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