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29 gennaio 2001 - Conferenza stampa
L'ultimo bacio
Intervista al regista Gabriele Muccino
di Valeria Chiari
Quale di questi personaggi senti di più o ti assomiglia? Parlando di reazioni emotive diverse è naturale che alla fine ci possa essere anche qualche cosa di me, ma non in un unico personaggio, direi piuttosto in ognuno di loro. Non è un film autobiografico, non mi identifico in nessuno, parlo di una serie di situazioni in cui chi è alla soglia dei 30 e dei 50 anni riesce facilmente a ritrovarsi.
Tutti i personaggi hanno una grande difficoltà a mettersi seduti e parlare, discutere e risolvere i problemi. Secondo te è una questione generazionale o appartiene a tutti? Il punto centrale del film è proprio la difficoltà a comunicare, di dirsi le cose e cercare di risolvere insieme tutti i problemi. È sempre difficile riuscire a riconoscere le responsabilità nei confronti del proprio rapporto di coppia quando questo non funziona più: non si riesce a capire chi sia nel giusto e chi no, perché si hanno sempre punti di vista diversi. E questo appartiene ad ogni generazione, le reazioni al problema possono essere diverse, e non penso sia generazionale il fatto che si discuta animosamente o si sbattano porte scappando via.
In un momento del film un personaggio dice che la normalità è la vera rivoluzione. Tu come la pensi a questo riguardo? La normalità è l'accettazione della routine e questa routine è parte del matrimonio, o per lo meno di un legame lungo. Una routine che ci porta ad essere abitudinari con il rischio persino della noia. E' una normalità certamente difficile da accettare, ma sono convinto che sia possibile riuscire a rinnovare il desiderio, si può forse fuggire ma poi alla fine c'è sempre un posto che dà felicità, dove sappiamo di poter tornare e che di solito è quello da dove siamo partiti.
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