03 Novembre 2009 - Conferenza
"Nemico Pubblico"
Intervista al regista.
di Francesco Lomuscio

In occasione dell'uscita italiana di "Nemico pubblico", il regista Michael Mann è approdato a Roma per presentare il film alla stampa.


Guarda il video sull'uso delle armi in Nemico Pubblico

Questo è un film classico, ma molto moderno…
Michael Mann: A me piace fare i film d'epoca, ma la mia aspirazione, in questo caso, era quella di essere reale, specifico e dettagliato; volevo riportare tutti al 1934, a quel momento e a quell'ora, quindi l'idea è stata quella di resuscitare un presente che è un passato, ma con una simulazione molto forte. Poi, ho sempre avuto molto amore per gli anni Trenta.

Come mai proprio Dillinger?
Michael Mann: Non so bene come questo film s'inserisca nella mia filmografia, ma sono rimasto affascinato da una vita che si è accesa e ha brillato per un tempo brevissimo. Inoltre, volevo vedere Johnny Depp in questo personaggio, perché le sue performance sono eccezionali, ma a volte rimangono esterne.

Durante la visione tornano in mente anche alcuni western crepuscolari…
Michael Mann: Non so se questo sia giusto o meno, non sono interessato ai generi o alla creazione di una leggenda. Certamente, sono un fan dei lavori di John Miller e ritengo bellissimi diversi western crepuscolari, ma, ripeto, non m'interessa creare generi, in questo film m'interessava il contesto storico.

Normalmente, i film che raccontano storie di gangster tendono a renderli degli eroi, mentre "Nemico pubblico" non sembra porre l'importanza sui problemi psicologici e le origini di Dillinger, tutto viene fuori piano piano dalla storia…
Michael Mann: Io volevo immergervi direttamente nella vita di Dillinger, con tutte le sue contraddizioni e cercando di usare questo modo immediato, perché ci troviamo di fronte a lui e non sappiamo quale sia stato il suo passato. Non ho mai pensato d'iniziare da quando lui aveva tre anni e da quando ha iniziato la sua vita da criminale, in quanto ciò potrebbe essere un argomento per una biografia da History channel, ma non per un film.

Come ha lavorato con il digitale per trasportare lo spettatore in una vera e propria zona di guerra?
Michael Mann: Se s'immerge lo spettatore in uno stato di guerra si ha una maggiore compartecipazione. Abbiamo fatto alcune riprese sia in digitale che in pellicola e, dal confronto, abbiamo riscontrato che le prime davano proprio la veridicità di ciò che stava accadendo in quel momento.

Si sta avvicinando sempre più al digitale a causa di questa "distanza" creata dalla pellicola o semplicemente perché si tratta di attrezzatura più maneggevole e meno ingombrante di quella usata ai tempi di "Collateral"?
Michael Mann: E' vero, l'attrezzatura è diventata molto più semplice, perché non si rompe e il principale vantaggio, per me, è che posso fare otto o nove volte di più di quello che posso fare con la pellicola, che ha le molecole e la chimica. Nel digitale, invece, posso modificare, quindi mi dà una capacità d'intervento maggiore; poi, certo, ha una qualità che è quella del dettaglio, ma possiamo usarlo anche in maniera tale che non si veda la differenza con la pellicola. Questo, per dire che ha una forza di visualizzazione molto forte, ma ciò non significa che non tornerò alla pellicola, perché mi piace molto.

Come lavora, invece, con gli attori?
Michael Mann: Con gli attori lavoro in maniera piuttosto tradizionale, cerco di far sì che s'immergano nel proprio personaggio e che ci siano esperienze che li portino al suo interno.

E' interessato al 3-D?
Michael Mann: Certo, mi piacerebbe avere un bel dialogo in 3-D (ride).

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