L'aria salata.
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Anche grazie a questo periodo di preparazione la nostra intesa sul set è stata perfetta, così come con Michela Cescon che nel film interpreta Cristina. La difficoltà del suo personaggio era quella di riuscire a rendere in poche scene, la dissoluzione delle sue convinzioni e il ritorno ad un passato che credeva di aver sepolto. Nello spazio di sole due sequenze la determinazione di Cristina si trasforma in debolezza. Il suo coraggio diviene paura e la corazza che negli anni si è faticosamente costruita, crolla. Il merito di Michela è nell'aver reso visibile il disagio attraverso piccoli gesti, nell'aver disegnato un personaggio dolce e garbato rendendo evidente e molto realistico il confine tra dolore e oblio.
Giorgio Colangeli ha ottenuto il ruolo di Sparti dopo una lunga serie di provini e a conquistarmi è stata la profonda umanità che ha saputo regalare al personaggio, senza perdere il guizzo imprevedibile che ne ricorda la pericolosità. Sparti è un uomo che ha rimosso il suo passato e per questo solo. E' diretto e indisponente. Non cerca consenso, quanto piuttosto rispetto. Se decide di concedersi, la sua simpatia è circoscritta alla situazione e quasi sempre interessata.
La base di partenza tra me e Colangeli per la costruzione del personaggio è stata la gestualità; la distanza che Sparti pone tra sé e gli altri, il suo modo di guardare e di camminare. Il modo di mettere in difficoltà l'interlocutore anche solo con uno sguardo. Il primo incontro tra lui e Fabio, vede i ruoli invertiti; è infatti Sparti che sottopone Fabio a domande personali.
Il carcere in cui è ambientato il film è vero. Delle complessive sei settimane e mezzo di riprese, due le abbiamo passate a Veneri in provincia di Pistoia, in un penitenziario dismesso che Alessandro Marrazzo, lo scenografo del film, ha avuto la tenacia di rimettere in sesto, sulla falsariga di Rebibbia, per il quale non avevamo ottenuto i permessi.
Ambientare la parte carceraria dal vero è stato fondamentale; sapevo che i muri, le sbarre, l'architettura opprimente, le scomodità fisiche ci avrebbero obbligati a dare il massimo, a tenere sempre alto il livello di concentrazione. Inoltre iniziare le riprese proprio dal penitenziario ha aiutato tutti noi ad immergersi nel clima del film e a creare un'unione speciale tra troupe e attori che si è rivelata vitale per il resto delle riprese.
Sento di dover ringraziare la produzione (Rai Cinema e Biancafilm) non solo per avermi dato la possibilità di raccontare questa storia ma soprattutto per avermi messo nella migliore condizione di poterlo fare. Per avermi seguito con dedizione e avermi dato l'opportunità di lavorare con professionisti di prim'ordine, che, con la loro esperienza ed il loro entusiasmo, hanno reso il mio lavoro un'esperienza straordinaria.
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