Prima di cominciare a recensire questo film, è doveroso dire a chi legge che ho sentito spesso parlare del mestiere dell'educatore carcerario, dal momento che questo è l'impiego di mia madre da circa ventinove anni. Affermando ciò, tuttavia, non è mia intenzione sembrare presuntuoso o distanziarmi dal parere degli altri spettatori, dato che neppure io ho ancora ben chiaro quali siano le mansioni correnti di un educatore penitenziario.
La domanda sorge dunque abbastanza spontanea e naturale, credo: cosa mai può avermi spinto ad entrare in una sala cinematografica e vedere questo film? la curiosità, innanzitutto. Essa è però da intendersi nell'accezione più ampia del termine, poichè, a detta di mia madre regna, sulla figura professionale dell'educatore, una sovrabbondanza di informazioni errate, seppure a volte solo in parte, nessuno riesce a pensare al detenuto come ad una persona, mentre è questo che abbiamo di fronte, un semplice individuo che non necessariamente coincide con il reietto della società.
Ho assistito, nel corso della proiezione, ad alcune inesattezze compiute sia a livello registico, che a livello di verosimiglianza: sotto tale punto di vista, anzi, è giusto asserire che sono rari, se non nulli, i casi in cui un educatore abbia come detenuto in osservazione il proprio padre e che, in caso di stretta relazione tra queste due figure, la deontologia professionale vorrebbe che l'educatore che si trova coinvolto a livello affettivo con un dato detenuto, debba cederlo in custodia ad un collega, piuttosto che prenderlo a cuore.
Tralascerò, qui di seguito, le numerose incongruenze della pellicola con la realtà, seppure da me ampiamente riscontrate, per concentrarmi maggiormente sulle tecniche di realizzazione della pellicola stessa, incentrate sull'apparente uso della telecamera manuale e sulla creazione, anche qui non del tutto reale, di una certa "tensione sonora", atta ad accentuare la drammaticità di alcune scene, oltre che a rendere allo spettatore il messaggio di chiusura ermetica degli ambienti del carcere.
Nonostante queste pecche, risulta notevole la capacità del regista nel dirigere gli attori, tra i quali figurano Giorgio Pasotti (Fabio) e Katy Luise Saunders, nota ai più come Babi e già apparsa nella pellicola tratta dal romanzo di Federico Moccia "Tre Metri Sopra il Cielo" al fianco di Riccardo Scamarcio.
Poteva essere migliore e la colonna sonora non mi e' piaciuta ( in alcuni momenti fastidiosa ). Ma per essere un film italiano, in genere non mi piacciono, va sicuramente promosso. Mancano una maggior introspezione sul padre, qualche scena che prenda lo spettatore, e un finale maggiormente curato ( un po' troppo breve )...vediamo in futuro....
Il titolo che ho dato all'opinione rispecchia il mio pensiero sul film, che secondo me sarebbe potuto diventare il film della'anno se il regista si fosse sforzato un pò di più per il finale, troppo repentino e non in linea con la trama in corso, peccato davvero c'èrano tutti gli elementi che convergevano in un lavoro fatto bene, ottimo Pasotti nel rappresentare il figlio voglioso di aiutare il padre (sfortunato), il fratello comprensivo verso i sentimenti della sorella, bravo anche Colangeli nell'impersonificare il padre carcerato...
Comunque il mio giudizio rimane positivo sul film perchè è fatto bene e tratta un argomento veramente interessante, non darò 10 ma comunque piu della sufficienza.
il non vissuto ha un sapore... così come ha un sapore, dolce, ogni bella esperienza che fa parte del nostro essere...ma non sempre quello che siamo costretti a vivere,subire e percepire è di nostro gradimento...la realtà,l'impatto con la fragilità dell'esistenza di ciascun individuo non fa altro che rendere sempre più pesante e sempre più salata l'aria che respiriamo.Pasotti sempre un grande attore...
Non avevo mai visto un film con Giorgio Pasotti e devo dire che è un bravissimo attore! La storia è molto bella, con tante emozioni, anche se il finale forse un pò scontato. Consiglio vivamente di guardarlo, anche perchè... è un film italiano!