Il mandolino del Capitano Corelli
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La storia - IIª parte

Tra i soldati italiani si fa sempre più strada la volontà di non farsi sopraffare, intrattenendo tra l'altro contatti con i partigiani greci, dai quali peraltro non arriverà nel momento della battaglia alcun appoggio.
Promosso da alcuni ufficiali, si fa sempre più forte il grido della lotta ai tedeschi, che riecheggia inizialmente nell'ambito dei singoli reparti e, successivamente, presso lo stesso Comando di Divisione. Tali episodi, che taluni identificarono quali aperti atti di insubordinazione nei confronti dei superiori, rappresentano i momenti cruciali di questi eventi, sui quali andrà a focalizzarsi l'attenzione degli storici. Nondimeno è possibile dimenticare la portata del presunto plebiscito organizzato dal Gen. Gandin affinché le proprie truppe si esprimessero sulle richieste formulate dai tedeschi, che rappresenta un evento di per sé unico nella storia non solo del nostro esercito.
Ebbene i soldati italiani in tale occasione unanimemente concordano sulla guerra al tedesco, anche se recentemente qualcuno ha inteso ridimensionare la portata dell'episodio sulla base anche di nuove testimonianze raccolte, attribuendo invece maggior risalto alle ulteriori disposizioni pervenute contemporaneamente dal Comando supremo italiano, che ordina di fatto di resistere alle richieste del vecchio alleato.
Alle 12 del 14 settembre viene consegnata la risposta di non cedere le armi al comando tedesco, che si riserva di far conoscere le proprie decisioni alle 9 del giorno successivo.
E così dopo oltre due anni di occupazione sostanzialmente pacifica su quest'isola greca, la Divisione Acqui, a seguito dell'annuncio dell'armistizio, che doveva segnare la fine delle ostilità, si avvia alla guerra contro reparti che fino a pochi giorni prima rappresentavano i propri alleati, pur se non particolarmente amati.
Inizia, pertanto, alle 14 del 15 settembre la battaglia di Cefalonia che si protrae aspra e sanguinosa fino alle 16 del 22 settembre. I fanti italiani, nonostante bombardamenti continui di Stukas in picchiata che mitragliano a vista d'uomo e reparti tedeschi della Wehrmacht rinforzati e ampiamente riforniti, combattono con accanimento ed eroismo con la ferma volontà di non cedere alle sempre più potenziate forze nemiche, nonostante il mancato sostegno del Comando Supremo Italiano, che di fatto ha abbandonato al proprio destino la Divisione Acqui.
Nella notte tra il 21 ed il 22 settembre, preso atto della progressiva decimazione degli effettivi della Divisione e della conseguente sopravvenuta impossibilità di combattere, il Gen. Gandin chiede la resa e, malgrado la bandiera bianca issata, la carneficina non si interrompe, ma prosegue con fucilazione anche di coloro che depongono le armi nel corso del 23 settembre.

(continua)
     

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