Il mandolino del Capitano Corelli
Sicuramente migliore di quell'aborto di "Cefalonia", ma, ovviamente, non certo un film di denuncia su una delle pagine più oscure della nostra storia. "Il Mandolino del Capitano Corelli" è di fatto un polpettone sentimentale sullo sfondo della seconda guerra mondiale. Le atmosfere idilliache, che ricordano il "Meditarraneo" di Salvatores (ma siamo lontani anni luce), vengono bruscamente interrotte dalla cruda realtà della guerra.
Nota positiva: il quadro fornito è abbastanza realista, seppur immensamente superficiale. Noi italiani ne usciamo come al solito: un pò incapaci di fare la guerra, un pò melomani, bonaccioni e sprovveduti; meno male che Corelli non mangia continuamente piatti di spaghetti al sugo, altrimenti lo stereotipo sarebbe stato perfetto.
Anche il cast lascia un minimo perplessi, al di là della Cruz, di Cage e di Hurt (tralascio ovviamente la grandissima Irene Papas) gli altri attori sembrano tutti un pò imbalsamati.

Storia della divisione "Acqui" che nel '41 prende possesso, in nome del regio esercito italiano, dell'isola di Cefalonia, considerata strategicamente fondamentale per il controllo del Mediterraneo. Dopo l'iniziale difficoltà con la popolazione locale, il clima instauratosi, dovuto soprattutto alla lontananza del conflitto, diventa particolarmente idilliaco, quanto meno tra italiani e greci. In questa cornice prende corpo il sentimento che legherà il capitano Corelli (Nicolas Cage / "The Family Man") e Pelagia (Penelope Cruz / "Blow"). Ma i semi della tragedia sono sparsi un pò ovunque, al di là del contesto bellico, c'è Mandras (Christian Bale / "American Psycho"), l'amante respinto, e sua madre Drosoula (Irene Papas / "Cronaca di una Morte Annunciata"), sempre pronta a giudicare e poi il padre di Pelagia, Iannis (John Hurt / "Harry Potter"), l'unica persona che sembra detenere la saggezza dell'antica Grecia. La resa dei conti si avvicina, non solo quella tra i personaggi, ma soprattutto quella tra italiani e tedeschi.

Come detto non manca una strizzatina d'occhio a Salvatores (la partitella a calcio nel campo italiano) o una costruzione narrativa ben studiata - il film finisce esattamente come era iniziato, con la festa del paese - e ben supportata da una fotografia di prim'ordine, ma in fondo quello che dovrebbe essere il cuore della pellicola, la storia, è decisamente superficiale.

La frase: "L'amore è quello che resta del fuoco quando l'innamoramento è consumato. Non sembra una cosa molto eccitante, ma lo è."

Indicazioni:
Non per gli storici, ma per i sentimentali.

Valerio Salvi

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