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La storia - Iª parte
L'8 settembre '43, all'annuncio dell'armistizio, la Divisione "Acqui" è dislocata a Cefalonia, isola Jonica della Grecia, ove era sbarcata nell'aprile '41. Le forze italiane, composte da 11.500 uomini, tra truppa e sottufficiali, e da 525 ufficiali, al comando del Gen. Gandin dal giugno '43, occupavano quest'isola un pò alla buona, convivendo in qualche modo con 80.000 cefalleni e cullandosi nella speranza di poter presto riabbracciare i propri cari.
A integrare il presidio italiano era approdato sull'isola nel precedente mese di agosto un corpo tedesco, costituito da 1.800 uomini, al comando del Ten. Col. Barge, al fine di stabilire un qualche controllo su questo caposaldo, nell'attesa di un imminente disimpegno dell'alleato italiano. Con il diffondersi della notizia dell'intervenuto armistizio i fanti italiani festeggiano e gioiscono nella convinzione che la guerra sia finita e che presto si ritornerà a casa, mentre qualcuno profeticamente sostiene, pensando al vecchio alleato, anch'esso presente nell'isola: "La guerra, forse, è finita per gli altri, non certo per noi. Per noi è solo finita la pace e da domani, statene certi, incominceranno i nostri guai."
E, infatti, nella notte tra l'8 ed il 9 settembre cominciano a giungere le prime confuse disposizioni dal Comando delle truppe italiane in Grecia, che additano prima l'ex alleato quale nuovo nemico, contro il quale premunirsi tempestivamente, e prospettano poi il trasferimento delle attuali posizioni ai reparti tedeschi con consegna delle armi agli stessi e successivo rimpatrio, destando stupore e sconforto nel comando della Divisione, paralizzando di fatto l'assunzione di un preciso orientamento delle forze italiane.
La mattina del 10 settembre il Ten Col. Barge chiede la cessione completa delle armi, da effettuarsi alle 10 del giorno successivo nella piazza principale di Argostoli (capoluogo dell'isola) alla presenza della popolazione, richiesta a fronte della quale il Gen. Gandin risponde chiedendo una dilazione dei termini, adducendo la necessità di ricevere disposizioni precise in tal senso dal proprio Comando d'Armata. L'incertezza si impadronisce dell'animo dei soldati italiani, che percepiscono un profondo senso d'abbandono, al pari di quanto provato da altre truppe del nostro esercito dislocate su altri fronti le quali, pur se allo sbando, riusciranno ugualmente a mettersi in salvo. Intanto estenuanti e febbrili trattative si susseguono tra le forze italiane ed il contingente tedesco, che nel frattempo attua diversi spostamenti di reparti, facendo altresì affluire rinforzi dal continente.
La mattina dell'11 settembre il Ten Col. Barge invita in termini perentori il Gen Gandin a definire chiaramente il suo atteggiamento, sottoponendogli la scelta tra le seguenti alternative: 1) con i tedeschi, 2) contro i tedeschi, 3) cessione di tutte le armi.
(continua)
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