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"BREAKING OUT"
siamo andati a vederlo, in anteprima, per voi.
Resoconto del nostro inviato Valerio Salvi |
Riflessioni sull'intervista al Regista e ai Protagonisti
Subito dopo la proiezione, peraltro stavolta molto affollata, c'è stata una breve conferenza stampa con gli attori protagonisti ed il giovane regista (classe '69). Mi sono a lungo domandato se c'erano tanti critici perché il film aveva buone potenzialità (ne dubito) o per il rinfresco a seguire (molto più probabile). Ok, ok era una cattiveria, sicuramente la motivazione va ricercata nella conferenza stampa.
Il film prende spunto da una storia vera che ha catturato l'attenzione del regista nel 1985. Da qui la scelta di svilupparla e di farla sceneggiare per ricavarne un film. Il lavoro in merito è stato alquanto faticoso, poiché sono stati intervistati numerosi galeotti che partecipano a "programmi di recupero teatrali" istituiti dal Governo svedese. Gli stessi attori hanno sostenuto un periodo di "training" di 15 giorni presso un penitenziario per capire meglio i loro personaggi. In fase di ripresa è stata utilizzata come set una prigione, peraltro di massima sicurezza, svedese. L'esperienza del trambusto provocato nella prigione si è parzialmente trasfigurata in quella della creazione del gruppo teatrale del film.
Gli attori sono tutti, ad eccezione del protagonista, di provenienza teatrale. Questa precisa scelta ha consentito l'utilizzo di "facce nuove", ma dall'ottimo bagaglio d'esperienza. Il protagonista Reine (Bjorn Kjellman), che costituisce appunto l'eccezione, è invece uno dei più bravi e famosi talenti svedesi.
Il lavoro ha avuto, oltre ad un ottimo riscontro di pubblico in patria, riconoscimenti nei festival di Stoccolma e Goteborg (oscar svedese per attore protagonista e per il non-protagonista Shanti Roney/Glenn). Ma le major americane lo hanno notato al Festiva di Montreal, tanto che la Warner Bros ha deciso di acquistarne i diritti per un remake per il mercato USA. La regia verrà affidata ad un americano, anche perché Lagerlof non ha intenzione di girare un remake del film senza quegli attori che secondo lui costituiscono uno dei motivi principali del successo della pellicola.
La personale visione di Lagerlof sul cinema svedese è rosea, a fronte anche dei nuovi interventi statali e dei programmi comunitari di interscambio anche se ha teso a sottolineare che a fronte di una trentina di film prodotti ogni anno, soltanto 3 o 4 hanno un riscontro di pubblico nelle sale. Inoltre se è pur vero che gli svedesi amano il cinema casalingo (il 40% degli spettatori vede le pellicole di produzione svedese), rimane comunque l'handicap degli 8 milioni di abitanti totali della nazione, che non sono sufficienti a garantire un reddito efficace per il cinema. Inoltre ha ribadito quanto il cinema americano non ami importare prodotti stranieri, ad eccezione di qualche film italiano, ma piuttosto preferisca un remake.
Infine una mia personale impressione, sia il regista che gli attori non mi sembrano particolarmente influenzati dalla produzione USA (a differenza di quanto accade in Italia), tanto che non hanno mai visto film come "Fuga dalla Vittoria". Questo è sicuramente da ricondurre ad una diversa politica televisiva e, se è un bene poiché consente di mantenere una maggiore originalità creativa, forse può essere limitativo in fase di crescita, dato che il cinema americano ha comunque molto da insegnare.
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