19 marzo 2002 - Conferenza stampa
Pedro Almodovàr
Intervista al regista di
"Parla con lei"

di Valerio Salvi


Sappiamo che lei ama molto Roberto Benigni, non è che il personaggio di Benigno è ispirato a lui?
Si è vero, Roberto mi piace moltissimo sia come autore che come attore; uno dei miei più grandi crucci è quello di non poterlo vedere direttamente nel suo ambiente, magari a teatro. Roberto ha la qualità di rendere verosimile qualunque stravaganza impregnandola di umanità. Questo è un incredibile mix di talento e di qualità fisiche. Forse un giorno riusciremo a lavorare insieme.
Per questa pellicola ho trovato Javier che ha qualità molto simili a quelle di Benigni e tra l'altro non presenta l'ostacolo della lingua.

La pellicola contiene una forte provocazione: da un atto abbietto nasce qualcosa di positivo. Secondo lei quello di Benigno è un atto di sopraffazione o d'amore e lui è un malato o un puro?
Se fossi un avvocato, un giudice o uno psichiatra direi che Benigno è uno psicopatico che deve essere internato; ma come scrittore mi suscita simpatia ed affetto. Io ho voluto spiegare come era Benigno, cosa pensa e come agisce di fronte alla realtà (la sua, ovviamente, diversa dalla nostra). Benigno non ha esperienza della vita, passata ad accudire prima la madre e poi Alicia e vive così in una sorta di mondo parallelo che si confonde con la realtà. Se volete potete definire questa follia, ma io non la penso così, poiché quando scrivo non giudico i miei personaggi, mi limito a mostrarli, magari in situazioni estreme.
Benigno è sempre coerente a se stesso ed alla fine capisce che non potrà sopravvivere in un mondo che lo ha privato persino della possibilità di tenere il fermaglio della persona amata. È un personaggio lirico, romantico e non amorale. Questo alla fine pone un dilemma sull'atto di Benigno (di cui non voglio nemmeno pronunciare la parola), un atto terribile, esecrabile, ma che visto con altri occhi può avere una valenza diversa; l'atto di Benigno non è lascivo, ma d'amore anche perché Benigno è talmente lineare nelle sue azioni e nei suoi pensieri che non potrebbe mai avere malizia.

Lei ha scelto di lavorare con Geraldine Chaplin, cosa pensa abbia ereditato dal padre?
Ma io non conoscevo il padre, sono nato in un piccolo villaggio e lui non ci è mai venuto. Scherzi a parte penso, da quello che ho potuto vedere dai film di Chaplin, che lei abbia la sua stessa vitalità ed eleganza. Lei ha lo stesso animo di una bambina, ingenua e con uno humor molto particolare. Vorrei fare un film con lei come protagonista.

Dopo "Tutto Su Mia Madre", come anche dopo "Donne sull'Orlo di una Crisi di Nervi", lei sembra aver pensato: ed adesso… Il nuovo film invece è lineare, ma molto complesso. Quale era il suo animo?
Non era facile. Dopo l'Oscar ho ricevuto numerose proposte per lavori internazionali, ma avevo anche deciso che volevo restare me stesso e tornare a Madrid nel posto dove avevo finito l'altro film. Volevo legare le due pellicole e dimostrare la mia indipendenza, perché l'unico capo della mia carriera sono io stesso. Progetti americani e budget miliardari non mi interessano, voglio restare il "piccolo" Almodovar che racconta le sue storie. Non è spocchia, ma una necessità mia personale.
Il successo da dei privilegi, il mio è la possibilità di restare fedele a me stesso.


  

Intervista a Pedro Almodovàr


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