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Ti Amo Presidente

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato09 novembre 2016Voto: 5.0
 

  • Foto dal film Ti Amo Presidente
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Ambientato a Chicago, in un magico giorno d’estate del 1989, Ti Amo Presidente racconta il primo appuntamento tra due colleghi ‘particolari’ che decidono di incontrarsi fuori dal prestigioso studio legale in cui lavorano. Lei, Michelle, è il supervisore di lui, l’affascinate Barack. L’incontro ha tutta l’aria di essere un primo appuntamento nonostante la reticenza di Michelle. Il giovane avvocato cerca di conquistare l’irremovibile collega durante un appuntamento che li porta da una mostra d’arte alla proiezione di “Fa’ la cosa giusta” di Spike Lee, per giungere infine alla gelateria Baskin-Robbins e al loro dolce primo bacio. Da quel giorno il mondo non è stato più lo stesso. Questa la trama del nuovo film di Richard Tanne con protagonisti Tika Sumpter e Parker Sawyers.

Molte persone aspettavano di vedere sul grande schermo qualcosa di nuovo, come può esserlo la prima uscita dell’ex Presidente degli Stati Uniti d’America con la sua first lady Michelle, soprattutto dopo i risultati delle ultime elezioni.
L’idea in sé era anche carina, originale, ma la pellicola è stata affrontata con troppa superficialità. Nonostante le musiche coinvolgenti, il progetto appare come un agglomerato di situazioni messe a caso dove i dialoghi sono alla base di tutto. Se da un lato si scoprono dettagli sulla vita dei due protagonisti - la situazione famigliare di lei e i piccoli peccati di lui in gioventù -, dall’altro il lungometraggio non rivela nulla di così significativo da invogliare il pubblico a vederlo o semplicemente da farcelo consigliare. Questo non solo per quanto già detto, ma anche perché bisogna guardare in faccia alla realtà: le scene iniziali tendono a confondere lo spettatore, che non riesce a farsi un quadro chiaro di quanto sta avvenendo. Se lei non vuole un appuntamento, allora perché si sono incontrati al di fuori del lavoro e, soprattutto, sotto la sua casa di famiglia? Capirete che ciò non ha alcun senso, come non ne ha il modo in cui si susseguono gli avvenimenti.
Come abbiamo citato, il tutto si erge sul dialogo: ne sono presenti molti - alcuni fini a sé stessi e altri piuttosto impegnativi, che alla lunga possono stancare l’occhio di chi guarda. Incentrare un film su svariati temi, senza proporre nulla di innovativo e affrontandoli con superficialità, non è una buona cosa, soprattutto se il ritmo è così lento da rendere la pellicola estremamente piatta.

Anche i due protagonisti, spiace dirlo, non eccellono nell’interpretazione. Sono poco convincenti ed espressivi nei panni di Obama e Michelle, nonostante i temi trattati riescano ad emergere. Questo, però, non vuol dire che i due attori siano riusciti ad impressionare i critici presenti in sala. E’ chiaro l’intento del regista di suscitare qualche risata nel pubblico, anche se il risultato finale non è stato dei migliori: gli unici a ridere erano i due diretti interessati. Per quanto riguarda le tematiche al suo interno, sono l’unico lato positivo del progetto.
I temi sono di svariata natura, molto importanti e volti a far riflettere chi guarda. Ad emergere è quello del sentirsi costantemente giudicati e messi sotto esame da qualcuno in quanto persone di colore. In realtà questo tema può essere considerato un problema universale: quante persone si sentono giudicate ogni giorno per il modo di vestirsi, il proprio modo di vivere, i propri pensieri? In questo caso però l’attenzione è posta sulle difficoltà che entrambi i protagonisti hanno dovuto superare per raggiungere i propri obiettivi.
Altra tematica rilevante è il bisogno di unire le forze per ottenere un vero e proprio cambiamento nella società, in modo che si possa raggiungere un accordo in grado di favorire entrambe le parti coinvolte. Lascia a desiderare, invece, il finale, ma per capirne il motivo dovrete andare al cinema.

Una cosa è sicura: sconsigliamo la visione del film, anche se la trama potrebbe incuriosire i più.


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