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Sono viva
"Rispondi, ti prego rispondi, pronto, sono io, sto male, sto male".
Durante i titoli di testa, è questo lamento femminile ad introdurre la vicenda del trentenne e introverso Rocco, con il volto di Massimo De Santis ("Blek Giek"), il quale, senza lavoro fisso e convivente con una donna che lo costringe a un tenore di vita al di sopra dei suoi mezzi, si ritrova ben pagato a sorvegliare per una notte una villa isolata fuori città dove giace il corpo senza vita della giovane Silvia alias Valentina Marchionni, figlia del padrone di casa Marco Resti interpretato dal sempre grande Giorgio Colangeli ("La nostra vita").
E, per concepire la storia, pare siano stati influenzati da un racconto di Apuleio riguardante una veglia funebre i due registi Dino e Filippo Gentili (sceneggiatori di "Hotel Meina" e "I vicerè"), qui alla loro prima prova dietro la macchina da presa che definiscono un noir riguardante il precariato.
Infatti, la lunga notte di Rocco nella casa non fa altro che da sfondo ad un intrigo destinato ad infittirsi man mano che entrano in scena nuovi personaggi, da Adriano, ambiguo fratello della defunta cui concede anima e corpo Guido Caprino ("Meno male che ci sei"), al rumeno Vlad, con le fattezze di Vlad Alexandru Toma ("Quando sei nato non puoi più nasconderti"); passando per la barista Stefania, nei cui panni troviamo Giovanna Mezzogiorno ("Vincere").
Quindi, trascinati da un (molto) lento ritmo di narrazione, ci troviamo insieme allo stesso protagonista a desiderare sempre più notizie relative alla misteriosa morte della ragazza, deceduta a causa di un male incurabile secondo le poco credibili parole del genitore.
L’impressione generale, però, è che l’operazione, tutt’altro che disprezzabile dal punto di vista tecnico e che conferisce non poca importanza all’elemento della famiglia, tenda in parte a rispecchiare personaggi e struttura del soggetto tipici dei prodotti destinati al piccolo schermo (per il quale, tra l’altro, i fratelli Gentili hanno lavorato diverse volte).
Complice anche una sorpresa finale che, posta in coda ad una storia già in partenza infarcita con poche situazioni interessanti, lascia del tutto indifferente lo spettatore, alle prese con l’ennesimo tentativo di fusione tra genere e cinema d’autore destinato a centrare più il secondo che il primo bersaglio. E ciò, in questo caso, non è da ritenersi un aspetto positivo.
La frase:
- "E’ la prima volta che vedo un morto da vicino"
- "Beato te, io ho vegliato mio padre per una notte intera"
Francesco Lomuscio
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