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Sicko
Provocatore, geniale, scorretto, passionale, polemico e divertente, in altre parole: Michael Moore. Dopo il mediocre Farenheit 9/11 (troppo schierato o, forse, semplicemente un film sbagliato), l'uomo che è riuscito a portare il genere documentario ai vertici dei box office di tutto il mondo, torna con un'opera molto importante, da qualsiasi punto di vista si decida di valutarla. Sicko non è, come spesso è stato definito, "un'analisi sul sistema sanitario americano", è piuttosto una pellicola che, coscientemente e con il giusto equilibrio fra dramma e comicità, è stata pensata per scatenare il dibattito, smuovere le coscienze e far ragionare un paese nel quale 50 milioni di persone non possono concedersi il lusso di ammalarsi. E per raggiungere il suo obiettivo, Michael Moore non va certo per il sottile. Attraverso un lungo lavoro di ricerca, soprattutto on line (chi è iscritto alla sua mailing list ha potuto seguire tutto il procedimento fin dall'inizio), il regista americano ha raccolto una serie di scioccanti testimonianze di malasanità a stelle e strisce che non possono lasciare indifferenti; si va dalla madre di famiglia (peraltro completamente assicurata!) che ha visto morire la figlioletta di 5 anni perché l'ospedale in cui si era recata (ovviamente, vista l'urgenza, quello più vicino) non era convenzionato con la sua assicurazione sanitaria, fino all'artigiano che, dopo essersi reciso due dita della mano con la sega circolare, ha dovuto scegliere quale dito farsi riattaccare (il più economico) visto che la spesa per entrambi sarebbe stata esorbitante. Moore punta il dito verso le Compagnie Assicurative accusandole di speculare sulla salute della gente (e certe testimonianze parrebbero dargli ragione) e paragona il Sistema Sanitario Americano con quello canadese, inglese, francese e - udite, udite! - cubano. Il corpulento filmmaker, stuzzicando una ferita ancora aperta, mostra come ai i volontari che collaborarono alle operazioni di salvataggio l'11 settembre 2001, non vengano pagate le spese sanitarie per malattie contratte, soprattutto, in occasione di quell'evento e, per tutta risposta, li porta a curarsi a Cuba. Nonostante alcuni aspetti di Sicko possono irritare (la Francia presentata come un paradiso "tout court", la visita melodrammatica dei reduci ai pompieri cubani, molte semplificazioni in odore di manicheismo) si esce dalla sala con gli occhi lucidi e due certezze: Michael Moore è un uomo intelligente e preparato e il suo cinema è maledettamente efficace.
La frase: "Sono Michael Moore! Questi uomini sono americani e vorrebbero la stessa assistenza sanitaria che riservate ai prigionieri di Al Quaida!"
Paolo Zelati
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