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Shame











Il Michael Fassbender di "Bastardi senza gloria" (2009) e "A dangerous method" (2011), sotto la regia di Steve McQueen - curiosamente omonimo dell'indimenticabile protagonista de "La grande fuga" (1963) - già interpretò l'acclamato "Hunger" (2008), ambientato all'inizio degli anni Ottanta nel carcere nordirlandese di Maze, dove i detenuti dell'IRA (Irish Republic Army) attuarono una rivolta finalizzata a costringere il governo inglese a conferire loro lo status di prigionieri politici.
Quindi, da uomo privato della libertà passa in questa opera seconda del regista inglese ad un individuo in possesso di tutte quelle del mondo occidentale, ma che ha finito per fare del proprio corpo la sua prigione.
Infatti, nei panni del trentenne di successo Brandon, evade dalla monotonia della vita d’ufficio seducendo donne e dividendosi tra una serie di storie senza futuro e incontri di una notte; fino al momento in cui il ritmo metodico e ordinato della sua vita entra in crisi con l’arrivo imprevisto della sorella Sissy, ragazza ribelle e problematica interpretata dalla Carey Mulligan di "An education" (2009).
E, spesso notturna, ma grigia di giorno, è una triste e malinconica New York illuminata dalla bella fotografia di Sean Bobbitt a fare da sfondo a quella che si trasforma strada facendo in una struggente storia di solitudine e necessità di affetto, costruita sul difficile rapporto tra i due fratelli al fine di indagare la natura profonda dei nostri bisogni, il modo in cui affrontiamo la vita e le esperienze che ci segnano.
Mentre, tra linguaggio verbale piuttosto crudo e sequenze di sesso abbastanza forti, ma non gratuite, McQueen, supportato dall’ottima prova dei due protagonisti, non sembra dimenticare l’ironia e, allo stesso tempo, permette alla tensione di crescere lentamente.
Sfoggiando un gusto per le immagini tale da permettere al lungometraggio di essere classificato tra i migliori proposti presso la sessantottesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia... sebbene un po’ più di pessimismo nell’epilogo avrebbe giovato ancora di più ai circa 99 minuti di visione.

La frase:
"Non farmi la predica sul sesso, non tu".

a cura di Francesco Lomuscio

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