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Sangue sparso











L’idea del lungometraggio è nata all’interno de “La giara nera”, associazione che sul territorio si occupa di cultura e di sociale, mentre a firmare la sceneggiatura e la regia è la debuttante Emma Moriconi, la quale veste anche i panni della protagonista Giulia, militante del Msi che si batte per affermare la verità sulla morte del marito e la cui sorella si innamora di un ragazzo appartenente all’opposta fazione politica, senza che nessuno dei due ne sia al corrente. Perché, pur cominciando ai giorni nostri, con un uomo che passeggia ricordando eventi drammatici della sua giovinezza per le vie adiacenti ad Acca Larentia, nel quartiere romano del tuscolano, è principalmente nel periodo storico italiano compreso tra il 1978 e il 1983 che si svolge “Sangue sparso”, volto a rievocare la ingiustamente dimenticata uccisione dei tre militanti missini Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni. Nonostante tutto, però, non si tratta di un film di parte o, comunque, caratterizzato da uno sguardo fazioso, in quanto la oltre ora e quaranta di visione provvede a fornire una panoramica dello stile di vita della Roma degli anni di piombo, quando, sia a destra che a sinistra, si cominciò a percepire il pericolo che si correva anche solo per svolgere un semplice volantinaggio. Una panoramica che, orchestrata tra preparazioni di striscioni e spargimenti di cadaveri, intende ribadire il rispetto per la vita umana, la solidarietà e la pacificazione sociale e, soprattutto, il rifiuto della violenza e di ogni forma di discriminazione. Purtroppo, però, regia e ritmi da soap opera dovuti probabilmente alle ancora inesperte mani della neo-cineasta non possono fare a meno di penalizzare l’operazione, oltretutto carente anche dal punto di vista recitativo e caratterizzata da una certa approssimazione di messa in scena che rende confuso e difficilmente comprensibile, a tratti, quanto storicamente ricostruito con i pochissimi mezzi a disposizione. Con la risultante che soltanto i diretti interessati ai fatti di cronaca in questione finiscano con ogni probabilità per esserne altamente coinvolti e, addirittura, emozionati, in quanto maggiormente propensi ad ascoltare i fatti più che ad analizzare cinematograficamente l’elaborato, noioso per il resto del pubblico. Ed è un vero peccato che materiale di tale importanza sia stato sprecato in questo modo sullo schermo tricolore, dove non si parla altro che di più che sorpassate rivoluzioni sessantottine, inesistenti problemi di comunisti imborghesiti e vittimismo che ha sempre e solo il volto di una sinistra da anni in (s)vendita di ideali.

La frase:
"Sono passati tanti anni, eppure è ancora tutto così vivo, così presente, così tangibile".

a cura di Francesco Lomuscio

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