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Missing
Con un titolo internazionale del genere (l’originale è "Sam hoi tsam yan") e Tsui Hark al timone di regia c’era da aspettarsi uno di quei coinvolgenti action-movie made in Hong Kong tempestati di double gun fight e pallottole volanti, mentre l’autore di "Time and tide" (2000) spiazza tutti proponendo una ghost-story abbondantemente infarcita di riprese subacquee (del resto, l’acqua è una presenza fissa di questa tipologia di film orientali).
Una ghost-story che, curiosamente, ripropone tra le tante cose l’agghiacciante sequenza dell’ascensore di "The eye" (2002) di Danny e Oxide Pang, dal quale riprende anche la protagonista Lee Sinje, qui nei panni di una giovane donna alle prese con visioni spettrali mentre cerca di far luce sulla misteriosa morte del compagno, ricercatore marino.
Ma, nonostante le sequenze basate sull’entrata dei mostruosi fantasmi non lascino indifferente lo spettatore, forti anche di efficaci effetti sonori, Hark non sembra essere interessato a confezionare un elaborato di celluloide volto allo spavento, bensì un romantico racconto per immagini tinto di giallo ed al cui interno la funzione dei ritornanti è principalmente quella di lasciar emergere l’uguaglianza tra la solitudine dei vivi e quella dei defunti, bisognosi come i comuni mortali dell’affetto dei propri cari.
E, al di là della consueta padronanza tecnica sfoggiata dal George Lucas dagli occhi a mandorla, che si avvale anche dell’ottima fotografia di Yoshitaka Sakamoto ("Summer among the zombies"), sono le belle musiche di Ricky Ho ("The legend of Zu") a rafforzare ulteriormente l’abbondante dose di poesia presente in un riuscito mix di generi costruito sui lenti ritmi di narrazione tipici del cinema del Sol Levante, il quale racchiude forse la sua unica pecca nei minuti di troppo che caratterizzano la parte finale.
Un riuscito mix che, attraversato anche da un certo messaggio ecologista e indirizzato a ribadire il luogo comune che vuole spesso noi stessi quale causa dei nostri mali, potrebbe quindi spingere il pubblico occidentale a storcere il naso, abituato a tutt’altra concezione di spettacolo e, soprattutto, ad una più superficiale visione dei sentimenti.
La frase: "Per chi è morto la morte non fa male".
Francesco Lomuscio
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