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PeléLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Jacopo Landi2016-04-18
Pelè racconta l’incredibile storia vera del leggendario giocatore di calcio che da semplice ragazzo di strada raggiunse la gloria, appena diciasettenne, trascinando la nazionale brasiliana alla vittoria del suo primo mondiale nel 1958 e diventando il più grande calciatore di tutti i tempi, vincendo altre due Coppe del Mondo. Nato in povertà, affrontando un’infanzia difficile, Pelè ha usato il suo stile di gioco poco ortodosso e il suo spirito indomabile per superare ogni tipo di ostacolo e raggiungere la grandezza che ha ispirato un Paese intero, cambiandolo per sempre.
Diretto da Jeff e Michael Zimbalist, il film racconta l’infanzia del leggendario calciatore, focalizzandosi in particolare sullo stretto rapporto che Pelè aveva con la famiglia, soprattutto la mamma e il papà, gli amici e più in generale la sua terra che ricorderà quando possibile una volta diventato celebre. Il tema centrale nella prima parte della pellicola è il rapporto-scontro tra la mancanza di mezzi e l’amore protettivo dei due genitori che desiderano strenuamente un futuro diverso per loro figlio. La storia celebra in seguito le gesta dell’asso brasiliano cristallizzandosi su tre momenti fondamentali dietro la creazione del mito. Una partita che permetterà a Pelè di farsi notare da un osservatore del Santos (celebre club brasiliano). Il provino proprio con questo club, fino all’ascesa in prima squadra. La chiamata in nazionale per la Coppa del Mondo in Svezia nel 1958 (primo titolo mondiale vinto dalla nazionale brasiliana). Il film si basa su una storia vera ma è l’unico elemento a suo favore dato che purtroppo deraglia in molteplici situazioni. La sceneggiatura è più adatta a una serie televisiva a basso costo più che a un film di livello, ritraendo Pelè come un bamboccione quasi vittima degli eventi, che senza apparenti motivi si sveglia a scatti ricordandosi di essere il migliore di tutti. Purtroppo ai fini del film c’è da aggiungere come il calcio sia lo sport meno cinematografico in assoluto, e questo rende ancora più arduo le riprese durante le partite, rendendole poco verosimili. Gli unici momenti di divertimento, due, sono il simpatico cameo dello stesso Pelè e una scena copiata dallo spot del 1998 che vedeva la stessa nazionale brasiliana giocare a calcio in un aeroporto in attesa del proprio volo. Come già detto, il problema principale è la scrittura, troppo occupata a lanciare un messaggio (stucchevole per altro) in pieno stile Pelè “ottimismo e amore” così da non rendere degnamente le sfaccettature di una storia che offriva più di uno spunto (il giocatore ad aver segnato più goal nella storia, un ambasciatore in mezzo mondo, unico ad aver vinto tre coppe del mondo…solo per citarne alcune). Inoltre, ad esempio, Garrincha e Altafini vengono resi sullo schermo in maniera ignobile e il personaggio interpretato da Vincent D’Onofrio, il leggendario allenatore Feola, risulta una caricatura scialba del sergente Hartman di Full Metal Jacket. Insomma nel film funziona poco o nulla, apprezzabile la colonna sonora, ma deprecabili gli interminabili slow-motion durante le partite di calcio. Si ha la sensazione di rimanere sempre sul filo dell’acqua, vedendo tutto ma potendo approfondire poco o niente. Paradossalmente la buona recitazione del cast viene umiliata dalle mancanze tecniche e di scrittura. Davvero un peccato perché una storia come quella di Pelè poteva rappresentare un monito per tanti giovani che oggi si trovano spaesati e senza punti di riferimento. Un’occasione mancata che strizza l’occhio al marketing di bassa lega e umilia il cinema oltre che la storia di un campione inarrivabile. La frase dal film:
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