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Quel che resta del giorno

Opinioni presenti: 30
Media Voto: Media Voto: 9.5 (9.5/10)

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Uau

(10/10) Voto 10di 10

Ci vuole coraggio per mettere in scena un libro come quello di ishiguro kazuo,una trama costruita sui pensieri,le sensazioni di un maggiordomo...un libro può trasmettere i pensieri e le emozioni con la parola ma un film...come fa?..è questo che mi chiedevo....ma quando c'è la bravura è possibile che il cinema riesca a trasmettere anche i pensieri e le sensazioni tacite di un maggiordomo inglese,emozioni puramente visive che lo spettatore riconosce e sente.a parte l'indiscusso merito degli attori sono rimasta affascinata dalla bravura del regista perchè riesce a farti guardare per 3 ore un uomo che (apparentemente)spolvera e basta senza annoiarti mai.



Mary, 19 anni, Pc.




non lo vedremo mai in tv

(10/10) Voto 10di 10

Troppo fine nei messaggi che ci lancia, troppo sotto le righe da poter essere compreso da uno sguardo distratto ma stupendo!! anche doloroso in certi punti nonostante il linguaggio falsamente asettico. c'è un tumulto di passioni umanissime in questi personaggi, sentimenti profondi che la paura tiene fermamente a freno ma che traspaiono da ogni sguardo, da una parola detta al posto di un'altra, da un gesto fatto in un modo invece di un altro o da un gesto o una parola non detti. pochi possono avere la concentrazione per cogliere queste sottigliezze o la motivazione intima per cogliere quei sentimenti o quelle emozioni...quindi in televisione non lo vedremo mai se non a tarda notte. Pensiamo che sia così poca la gente che si rinchiude in un piccolo mondo di sicurezze per paura???? Io penso che l'autore del libro da cui è tratto il film si è messo a scrivere con un libro di psicologia alla mano, come avrebbe potuto cogliere altrimenti delle caratteristiche umane così specifiche in un contesto culturale che non era neanche il suo?? un'opera immensa.



Stefano, 33 anni, Anzio (RM).




Sogno e poesia

(10/10) Voto 10di 10

È un film che potrebbe essere considerato, a ragione, lungo, ma quando appaiono i titoli di coda, ti chiedi perché sia già finito e probabilmente, se visto al cinema, ti chiedi se fosse veramente necessaria la pausa. Non so cosa sia meglio in questo film: la regia, la sceneggiatura, la fotografia, la storia, tutto è magnifico Di sicuro le interpretazioni di Hopkins e Thompson sono capolavori di recitazione, tanto da chiedersi se dietro Mr. Stevens e Miss Kenton non ci siano i veri personaggi anziché attori. Le mie origini sono indissolubilmente legate all'ambiente lacuale e, come tutti quelli nati e cresciuti vicino al lago, amo quelle atmosfere morbide, malinconiche e grigie (ma che nascondono, solo, colori meravigliosi) che si possono apprezzare in autunno e che in questo film si possono ritrovare non solo come ambientazione, ma come vita, come racconto. È poesia che si racchiude su se stessa tanto da farla sembrare un sogno, un bellissimo sogno. Non ricordo di aver visto questo film in programmazione nei cinema, non ricordo di averlo visto passare nelle varie televisioni, ma si meriterebbe ben altro successo di quello spesso tributato a certi film di scarso spessore che vengono programmati più volte nelle televisioni italiane ed estere. Meglio così, probabilmente. Certi capolavori sono conosciuti solo da poche persone in grado di coglierne il grande valore. Un film che non può assolutamente mancare nelle collezioni degli amanti del cinema.



Gian Piero, 45 anni, Lugano (estero).




Hopkins..un'interpretazione che supera quella del dr.lecter

(10/10) Voto 10di 10

"Storia di un breve incontro fissato vent'anni dopo, 'Quel che resta del giorno' è un film sulla solitudine che nasce dall'insensibilità, sulla repressione dei sentimenti e sulla mortificazione della vita. James Ivory è un regista che sa andare oltre l'eleganza delle forme e il virtuosismo stilistico. Esaurita la scorta dei romanzi di Edward M. Forster ('Camera con vista', 'Casa Howard'), ha saputo interpretare le pagine di Kazuo Ishiguro restituendone lo spirito sottile forbito, delicatamente ma implacabilmente graffiante." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 23 marzo 1994) "In 'Quel che resta del giorno' il regista americano più britannico che ci sia non assume certamente il punto di vista marxiano de 'Il servo' di Joseph Losey, purtuttavia è in grado di erigere un non trascurabile (e apparentemente impercettibile) edificio di perversioni emotive, di trasgressioni della percezione e di maniacalità del décor che costituiscono l'anima opaca (e segreta) del suo cinema. L'imperturbabilità gigionesca di Anthony Hopkins aderisce alla superficie delle immagini come una pellicola impermeabile rendendo il film - se possibile ancora più britannico. Meno onorevoli alcuni personaggi (e situazioni) di contorno: la delegazione nazitedesca, ad esempio, è costruita su clichè commerciali francamente disonorevoli." (Fabio Bo, 'Vivilcinema') "In bilico tra illustre passato e incerto presente 'Quel che resta del giorno' racconta sostanzialmente una tragedia dell'inespresso: quest'uomo mangiato vivo dal proprio 'Super Io' è un monumento all'ipocrisia inconsapevole, un disgraziato che mitizza il suo ruolo al fianco di un padrone filotedesco e molto cretino per immolarsi sull'altare di un malinteso concetto di dignità. Impeccabile cerimonioso maniacale ma anche incapace di esprimere qualsivoglia sentimento al punto di trascurare l'occasione sentimentale della sua vita. Inutile dire che Anthony Hopkins candidato all'Oscar insieme a Emma Thompson regala al personaggio un'altra delle sue mostruose performance intessute di finezze microgestuali. Affascinato dal mondo tardo-vittoriano, misfatti compresi, Ivory si conferma il più ispirato illustratore di una upper class pomposa e formalista che forse non è mai morta. Ma come si diceva da Berlino la vita vera dell'Inghilterra palpita altrove: nei film di Loach e Leigh in quel cinema duro e umanissimo che non si specchia in una tazza di tè."



Michele, 45 anni, Foggia.




Capolavoro..il miglior hopkins

(10/10) Voto 10di 10

James Ivory ha diretto nel 1993 questa pellicola, rastrellando un cast di colossali proporzioni, che oltre ad Anthony Hopkins ed Emma Thompson comprendeva anche un giovanissimo Hugh Grant e lo sfortunato Christopher Reeve (Clark Kent, per i profani, insomma SuperMan). Secondo alcuni questo film è una storia d'amore, secondo altri un esame della dialettica servo-padrone, ma secondo me c'è di più. La trama è piuttosto semplice e, a dire la verità, molto scarna di colpi di scena, anche se l'intera pellicola misura più di due ore: nella campagna inglese si stanno decidendo le sorti della Germania, prima della Grande Guerra, in una splendida villa in cui serve come maggiordomo Mister Stevens (A. Hopkins), uno dei personaggi più eleganti ed espressivi che il cinema ha voluto regalarci: anni dopo, durante un viaggio di piacere, rivive con la mente tutti i ricordi di una vita condotta al fedele servizio di un uomo rivelatosi poi agli occhi del mondo uno dei fautori della guerra. Durante quegli anni, nel suo rigoroso dovere di maggiordomo, ha vissuto altre avventure, altri eventi che però non ha lasciato che lo toccassero: la morte del padre, l'infatuazione (mai confessata, nemmeno di fronte all'evidenza) per la governante di casa (una giovane e strepitosa Emma Thompson), la vita di ogni giorno... apparentemente Mr Stevens è un uomo burbero, dedito solo al lavoro e che usa questa dedizione come metodo per farsi scivolare addosso le disgrazie della vita; un meccanismo di difesa molto abile, oliato alla perfezione, e in grado di schermare una vita intera. Da dove viene tutto questo ? Il libro sembra scritto da un Lord inglese (e nella versione originale è cento volte più gradevole), e invece l'autore è nato a Nagasaki e si chiama Kazuo Ishiguro. Questa non è l'unica stranezza del libro, in ogni caso: il film riproduce piuttosto bene le atmosfere di un testo che, a mio parere, entra di diritto nel gotha della letteratura mondiale, ma quello che traspare appena nella versione in celluloide è il linguaggio: Mr Stevens non dice "io penso che", dice "mi vien fatto da pensare che"; non sistema l'argenteria con l'occhio attento dell'esperienza, ma col righello: è un eroe, a modo suo. Un grande eroe, come tanti prima di lui ma con una particolarità: è un povero, piccolo uomo schiacciato dalla vita, che ha fatto della propria occupazione un senso, uno scopo. Lui almeno un senso l'ha dato alla propria vita, ma non accuserebbe mai nessuno di non fare come lui, e addirittura viene scoperto mentre legge una bellissima e straziante storia d'amore, forse l'unica stravaganza di una vita esatta e precisa. Il cinema non ci ha regalato tanti personaggi che alla fine della pellicola pensiamo di conoscere, ma Mr Stevens rimarrà nella mente di tutti coloro che vorranno visionare questa stupenda pellicola che, ora posso confessarlo, è il mio film preferito in assoluto.E in assoluto questa rimarrà la miglior interpretazione di Hopkins.



Luca, 33 anni, Milano.





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