James Ivory ha diretto nel 1993 questa pellicola, rastrellando un cast di colossali proporzioni, che oltre ad Anthony Hopkins ed Emma Thompson comprendeva anche un giovanissimo Hugh Grant e lo sfortunato Christopher Reeve (Clark Kent, per i profani, insomma SuperMan). Secondo alcuni questo film è una storia d'amore, secondo altri un esame della dialettica servo-padrone, ma secondo me c'è di più.
La trama è piuttosto semplice e, a dire la verità, molto scarna di colpi di scena, anche se l'intera pellicola misura più di due ore: nella campagna inglese si stanno decidendo le sorti della Germania, prima della Grande Guerra, in una splendida villa in cui serve come maggiordomo Mister Stevens (A. Hopkins), uno dei personaggi più eleganti ed espressivi che il cinema ha voluto regalarci: anni dopo, durante un viaggio di piacere, rivive con la mente tutti i ricordi di una vita condotta al fedele servizio di un uomo rivelatosi poi agli occhi del mondo uno dei fautori della guerra. Durante quegli anni, nel suo rigoroso dovere di maggiordomo, ha vissuto altre avventure, altri eventi che però non ha lasciato che lo toccassero: la morte del padre, l'infatuazione (mai confessata, nemmeno di fronte all'evidenza) per la governante di casa (una giovane e strepitosa Emma Thompson), la vita di ogni giorno... apparentemente Mr Stevens è un uomo burbero, dedito solo al lavoro e che usa questa dedizione come metodo per farsi scivolare addosso le disgrazie della vita; un meccanismo di difesa molto abile, oliato alla perfezione, e in grado di schermare una vita intera. Da dove viene tutto questo ? Il libro sembra scritto da un Lord inglese (e nella versione originale è cento volte più gradevole), e invece l'autore è nato a Nagasaki e si chiama Kazuo Ishiguro. Questa non è l'unica stranezza del libro, in ogni caso: il film riproduce piuttosto bene le atmosfere di un testo che, a mio parere, entra di diritto nel gotha della letteratura mondiale, ma quello che traspare appena nella versione in celluloide è il linguaggio: Mr Stevens non dice "io penso che", dice "mi vien fatto da pensare che"; non sistema l'argenteria con l'occhio attento dell'esperienza, ma col righello: è un eroe, a modo suo. Un grande eroe, come tanti prima di lui ma con una particolarità: è un povero, piccolo uomo schiacciato dalla vita, che ha fatto della propria occupazione un senso, uno scopo. Lui almeno un senso l'ha dato alla propria vita, ma non accuserebbe mai nessuno di non fare come lui, e addirittura viene scoperto mentre legge una bellissima e straziante storia d'amore, forse l'unica stravaganza di una vita esatta e precisa. Il cinema non ci ha regalato tanti personaggi che alla fine della pellicola pensiamo di conoscere, ma Mr Stevens rimarrà nella mente di tutti coloro che vorranno visionare questa stupenda pellicola che, ora posso confessarlo, è il mio film preferito in assoluto.E in assoluto questa rimarrà la miglior interpretazione di Hopkins.
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