L'incredibile storia di Winter il delfino
E’ uno degli argomenti un po’ taboo del Cinema, di quelli spinosi, che non si incontrano spesso, quello relativo ai portatori di handicap. E’ quindi con una certa sorpresa e vaga curiosità che si accoglie il film "Dolphin tale" di Charles Martin Smith, già regista di "Morte a 33 giri", "Air Bud", e "Stone of Destiny".
Charles Martin Smith decide di narrarci la storia vera del delfino Winter, che viene trovata morente sulla spiaggia da un ragazzino di 10 anni. Portata al Clearwater Marine Hospital, un ospedale no profit per animali marini, Winter si rivela da subito un caso difficile. La trappola per granchi che l’ha colta di sorpresa le ha quasi reciso la coda. E per evitare che l’infezione si propaghi, tocca amputare. Winter dovrà prima imparare a nuotare senza la propria coda, e poi abituarsi a una protesi. Diverrà un esempio per tutti...
Partiamo dal cast interessante per dire che Ashley Judd torna a recitare al fianco di Morgan Freeman dopo oltre dieci anni. Li ricordiamo insieme nei thriller "High Crimes" e "Il collezionista".
Al loro fianco, e a dar man forte al delfino Winter nel ruolo di se stesso, troviamo Kris Kristofferson, attore della serie "l’ho già sentito" – e visto, aggiungiamo noi, nella trilogia di "Blade" - e i due giovanissimi protagonisti Harry Connick Jr. e Cozi Zuelhsdorff, espressivi come due granchi con le chele, e quindi abbastanza a loro agio.
"Dolphin Tale" aveva diversi spunti interessanti. Il parallelismo uomo – delfino nel film di Smith si fa a tratti più incisivo grazie alla sottotrama del reduce di guerra caduto in battaglia e rimasto offeso alla gamba. Peccato che questo aspetto, come altre evidenti intuizioni sparse nel film, venga oscurato da una sceneggiatura che vola davvero troppo basso. Didascalica (dove ogni scena viene spiegata da una battuta degli attori), prolissa (si passa dal dramma della guerra a quello del delfino, fino all’arrivo di un improbabile uragano e alla fiera organizzata per salvare la chiusura del centro ospedaliero...), diremmo insomma: una sceneggiatura fuori fuoco. E non bastano naturalmente i due bravi Judd e Freeman per rendere il tutto più apprezzabile, anche perché il film di Smith è uno di quelli che vogliono dimostrare di saperci fare, di farti commuovere, di raccontare una grande storia. Tradotto: due ore piene di fischi e fischietti, piantini e inserti musicali per farci sentire da vicino la storia di Winter. Siete avvisati.
Rimangono quindi le idee, molto forti del film, e la storia del delfino Winter. Una di quelle trame - condite con il mondo dell’infanzia, il tema della rivalsa, della natura - che per assurdo, se fosse stata affrontata da un regista come Steven Spielberg avremmo visto un capolavoro. Così invece, è uno sguazzare in acque fredde, arrancare, cercare disperatamente il contatto. Lo troviamo, a sorpresa, quando una bambina di colore sfiora il vetro della piscina dove nuota Winter. Lei ha perso la gamba, l’altra la coda. Tutta l’umanità racchiusa in un gesto.
La frase:
"Ti è mai venuto in mente che non è difficile solo per te?".
a cura di Diego Altobelli
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