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La fidanzata di papà
I titoli di testa, con sciatori che scendono la vallata, vogliono probabilmente riecheggiare il vanziniano "Vacanze di Natale", ma, subito dopo la disastrosa entrata in scena del vedovo Massimo (Massimo Boldi), proprietario di un albergo nel centro di Cortina che porta avanti una relazione segreta con la sognatrice Luminosa (Teresa Mannino), è facile intuire che i riferimenti ai figli di Steno si riducano all’ambientazione iniziale e ad un’ironica sequenza all’interno di un carcere statunitense evidentemente ripresa da "Vacanze in America".
Infatti, la vicenda narrata da Enrico Oldoini – che fa il suo ritorno alla commedia proto-natalizia quattordici anni dopo "Miracolo italiano", del 1994 – si svolge in realtà a Miami, dove il protagonista approda per assistere alla nascita del primogenito del figlio Matteo (Davide Silvestri), fidanzato con Barbara (Martina Pinto) e continuamente insidiato da Felicity (Elisabetta Canalis).
Quindi, ancor più del precedente "Matrimonio alle Bahamas" di Claudio Risi, il tentativo sembra quello di ricalcare la formula del cinepanettone Filmauro, con tanto di totali da depliant turistico, mentre entrano in scena Lara (Loredana De Nardis), figlia di Massimo, e Angela (Simona Ventura), madre di Barbara ed ex moglie di Nino (Nino Frassica), nonché proprietaria di una catena di ristoranti che ha come assistente personale Maria (Biagio Izzo), attoruncolo costretto a travestirsi da donna per non perdere il posto.
Da qui, con gli immancabili (e come al solito trascurabili) Fichi d’India nei panni di due sgangherati poliziotti a stelle e strisce, lo script firmato dallo stesso regista in collaborazione con Paolo Costella ("Tutti gli uomini del deficiente") non si costruisce altro che su una sequela di banali citazioni che vorrebbero occultare (ma senza riuscirvi) la carenza di originalità, da "Filumena Marturano" a "C’era una volta in America", fino alla mitica scena della lettera di "Totò, Peppino e... la malafemmina" e senza dimenticare "A qualcuno piace caldo".
E, al di là degli esilaranti cruciverba del grande Frassica, il quale, come di consueto, sfoggia anche il proverbio storpiato "Chi va con lo zoppo impara a zappare", neppure il bravo Enzo Salvi, nel ruolo dello sboccato cuoco romano "Eros principe della patata", riesce a strappare il prodotto dalla mediocrità, pur aggiudicandosi la maggior parte dei pochissimi momenti divertenti (basta citare il rutto con annessa battuta "M’è arivato un fax da Rotterdam").
In sintesi, con assurdi risvolti che tirano in ballo in maniera latente perfino Barack Obama (!!!), rispetto al citato film di Risi jr siamo ad un livello appena superiore, ma il segnale d’allarme è più che accentuato: urgono bravi sceneggiatori e, soprattutto, nuove idee che spingano lo spettatore a ridere.
La frase: "Che dolore, che dolore cortino... ma d’Ampezzo!".
Francesco Lomuscio
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