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Kill Bill - Vol.2
Kill Bill Vol. 2, alias Uma Thurman, alias Beatrix, alias mamma.
Nel volume secondo della cruenta saga Tarantiniana trionfa il romanticismo più di maniera; quello in cui si uccide per amore, quello in cui la scoperta di aspettare un figlio può cambiare la vita anche del killer più spietato.
In questa seconda parte - o sequel programmato come sostengono i più smaliziati - apprendiamo infatti il motivo della strage nella chiesa dei Due Pini, quella girata in un bianco e nero che sembra macchiato con schizzi di inchiostro. Ci raccontano dell'educazione guerresca ricevuta da Beatrix - il beep che copriva il suo nome finalmente scompare - da parte di Pai Mei - un maestro di arti marziali cinese che odia i bianchi, detesta gli americani e non sopporta le donne - e del perché quest'ultimo abbia cavato un occhio alla velenosa California Mountain Snake. Scopriamo, infine, come dietro la ruvida scorza di una perfetta macchina per uccidere possa battere un palpitante cuore di mamma.
Temi da sceneggiata napoletana che solo il genio di Tarantino può far digerire anche al critico più ortodosso. Perché il regista americano non ama le mezze misure. Se deve essere violento, lo è fino all'inquadratura più macabra e rivoltante. Se vuole fare filosofia, è capace di far discutere i suoi personaggi per 10 minuti su Superman e la sua fenomenologia. Se riprende un combattimento di kung-fu, non potremo non ascoltare come sottofondo quelle stucchevoli musichette anni '70. Se thriller deve essere, è capace di restituire una tensione da cardiopalma (la scena della sepoltura, per tutte). Infine, se parla d'amore, lo fa descrivendolo come il più forte e violento dei sentimenti; l'amore che uccide e distrugge, l'amore che si tramuta in una risata liberatoria e catartica: quella della mamma Uma Thurman abbracciata alla propria figlia perduta e ritrovata come nella migliore tradizione di un vero e proprio drammone popolare.
Insomma, questa seconda parte è certamente all'altezza della prima anche se meno scanzonata e, forse, un po' troppo seriosa. Tarantino da comunque fondo a tutte le sue doti di talentuoso regista e sceneggiatore. Piani sequenza si alternano a dettagli alla Sergio Leone, inquadrature ardite fanno da contrappunto a tranquilli campi e controcampi di un'amabile discussione. Il montaggio è quello caro da sempre al regista italoamericano, il quale non smentisce le sue capacità di abile quanto funambolico narratore. Gli attori sono tutti al massimo delle proprie possibilità. Dai più importanti - David Carradine, la Thurman, Michael Madsen, Deryl Hannah, - ai comprimari come Gordon Liu nei panni di Pai Mei, Michael Parks, il padre putativo di Bill e Larry Bishop, il datore di lavoro di Bud - sono tutti diretti magnificamente da Tarantino capace di tirar fuori il meglio dai suoi interpreti. Per noi persone normali sarebbe arduo pensare ad una ipotetica continuazione della storia di The Bride... ma con Tarantino nulla è impossibile, neanche un volume tre...
Daniele Sesti
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