Il cuore altrove

"Lui chi è?"
"Nessuno!"
Una sorta di epitaffio sui sentimenti di Nello (Neri Marcorè) che crede disperatamente nell'amore per Angela (Vanessa Incontrada). Lui, professore di letteratura, che non sta certo "suggendo il midollo della vita", anzi ne viene trasportato quasi fosse un corpo estraneo, lui che parla sempre a bassa voce, lui che non osa mai... inizia a volare trasportato da quella gioia incontenibile che è l'amore.
Nello ed Angela, apparentemente il teorema dell'attrazione degli opposti: un uomo timido ma ricco di poesia interiore ed in grado di guardare il mondo con gli occhi dell'innocenza, ed una donna esuberante, mondana pronta a sfruttare ogni opportunità per crearsi una, seppur superficiale, felicità.
Come possono incontrarsi questi due universi e fondersi, seppur per un breve istante? In effetti Angela è cieca (o meglio non-vedente, secondo il termine ora più "gentilmente" in uso), emarginata dalla "società bene" che prima la esibiva come una sorta di trofeo sull'altare dell'immagine, si trova ora a dover cercare un appoggio, e chi meglio dello sprovveduto Nello?
Che poi possa nascere qualcosa tra i due, è facilmente prevedibile, ma si sa la superficialità è un modo d'essere che non può essere abbandonato, vero Otello?
Sarà che in una pellicola del genere, benché ambientata nell'Italia degli anni '20, ci si può ritrovare molto della vita vissuta, sarà che forse in fondo all'animo mi sento un pò "Nello", ma il film di Pupi Avati lascia sicuramente un'impronta, un'emozione e l'incontenibile desiderio di cantare a squarciagola.
Che il merito vada ascritto anche ai protagonisti è indiscutibile: Marcorè viene ripescato da ruoli di intrattenitore comico (con un'operazione simile a quella che il regista fece con Abatantuono) per caratterizzare un personaggio al di fuori del suo tempo, con una leggerezza che non scivola mai nel grottesco; la Incontrada non fa altro che interpretare se stessa e quindi in quanto a credibilità non ha nulla da invidiare a nessuno e poi lui, Giannini, un attore che non finirà mai di stupirci riuscendo ad incarnare gli italici campanilismi con un'abilità che lascia di stucco. Questa volta è il turno di quel romano verace, ironico ed allo stesso tempo caustico, che ci mancava fin dai tempi del grande Aldo Fabrizi.
Una commedia brillante, una lezione di vita, un percorso iniziatico, una condanna di un modo di essere ed una presa di coscienza che le persone non cambiano, un'insieme di sentimenti tipici del miglior Pupi Avati (quello che si era smarrito durante le crociate).

Curiuosità: Nello sembra ritagliato sui contorni del professor John Keating de "L'attimo fuggente"; anche nell'addio alla sua classe, seppur all'italica maniera, vediamo la commozione degli studenti che sentono di perdere qualcosa di diverso, forse un amico.

La chicca: Nino d'Angelo nei panni del barbiere partenopeo è una sorta di icona cinematografica.

La frase: "Una fanciulla bionda mi conquisterà."

Indicazioni:
Per tutti i malinconici.

Valerio Salvi

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