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Il concerto
Trent'anni dopo, l'inaspettato riscatto di un torto subìto. Prima c'era stato il successo internazionale, la caduta, il dimenticatoio di una vita degradata trascorsa a sognare. Finchè il caso ha offerto un'opportunità riparatoria.
Impostosi con "Train de vie", Radu Mihăileanu è forte di un'ironia che sa confrontarsi coi drammi storici. In "Le Concert", da lui sceneggiato e diretto, prende le mosse dall'eredità dei danni generati da un socialismo reale sovietico (periodo Breznev) che osteggiava minoranze quali gli ebrei e i gitani e distruggeva, come "nemico del popolo", il personaggio scomodo di turno. Dell'oggi, il cineasta bersaglia il nuovo potere dei magnati e ci parla sia del rapporto tra individuo e collettività (materializzato nel concerto, appunto) che dell'arricchimento umano e culturale offerto dalle migrazioni, attraverso l'incontro musicale tra russi, gitani e francesi, con palesi contrasti - a cominciare da quello economico - nell'ambientazione, nei costumi, nei movimenti e nelle tecniche di ripresa. Con sorriso bonario, vengono tutti un po' sfottuti in quelle pecche che sono diventate stereotipo etnico. Attingendo poi dall'autobiografia rispetto al tema della falsa identità, che ricorre nei suoi film, Mihaileanu abbina ai protagonisti rispettive fissazioni (dalla musica perfetta inseguita dal direttore d'orchestra all'ideologia e all'amato ristorante dell'impresario). E varia agilmente dal comico arruffato all'assoluto di un'esecuzione da applausi dell'opera di Ciajkovskij (spezzetta infatti il momento topico con flash degli sviluppi futuri) e al risvolto sentimentale, con una prova ispirata - che si esalta nella scena della cena a due - di Alexeï Guskov e un colpo di scena finale. Incalzante e confusionaria, una festa di battute e siparietti spassosi: l'ambulanza usata come mezzo di trasporto per rintracciare i reduci e rimettere in piedi l'orchestra o la doppiatrice porno che sferruzza a maglia mentre dà voce alle immagini, i passaporti falsficati in aeroporto o il matrimonio mafioso, sfarzosamente pacchiano, con annessa sparatoria.
La frase: "Un bravo impresario anticipa i problemi".
Federico Raponi
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