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Specchio magico
A quasi novantasette anni, Manuel de Oliveira, sente ancora il bisogno di raccontare storie, ma ancora di più di creare personaggi in grado di conversare tra loro, in modo complesso, paradossale e a tratti criptico. Questo richiede uno sforzo notevole ai propri spettatori, che in questo film in particolare devono districarsi tra vicende familiari appena tratteggiate e discussioni sulla religione che possono sembrare a prima vista oziose quando non addirittura oziose.
Così si intrecciano le vicende di Luciano, appena uscito di prigione, e Donna Alfreda, ricca possidente che ha il desiderio quasi patologico di poter vedere la vergine Maria per rivolgerle delle domande, tormentandosi con interrogativi che offendono la sensibilità dello stesso Luciano. Intanto il marito di Donna Alfreda si occupa di una scuola di musica, in cui ragazzi non abbienti hanno la possibilità di avere delle lezioni gratuite. Ma questo non deve lasciar credere che si possa sentire musica di vario genere durante la pellicola, perché Oliveira ha scelto un determinato brano musicale come leit-motiv feticcio riproposto nei punti focali del film, in particolar modo in apertura e in chiusura.
Si tratta della Danse Macabre di Camille Saint-Saens, che può forse dare la chiave di lettura del film. Presentata a Parigi il 24 gennaio del 1875, la Danse Macabre è la descrizione della morte che a mezzanotte balla in mezzo agli scheletri, ma non rappresentata secondo la cupa tradizione romantica. Saint-Saens anzi lascia trapelare nel suo poema musicale un'atmosfera di giocosa ironia. Lo stesso discorso si può fare anche per l'opera del de Oliveira. Il regista portoghese tratta argomenti molto importanti, l'odio, i rapporti familiari conflittuali, la devozione religiosa a metà tra leziosità ed isteria, senza ovviamente tralasciare i temi della morte e dell'amore. Ma tutto questo è accompagnato da dialoghi arguti e divertiti allo stesso tempo. De Oliveira del resto punta interamente alla forza delle parole, limitando al minimo i movimenti di macchina in favore di riprese a camera fissa, molto essenziali nello studio dell'inquadratura. Non si tratta di un film facile, ma che potrà dare spunti di riflessioni interessanti a chi saprà cogliere che dietro a temi inquietanti o pesanti si può sempre trovare una dose rinfrescante di leggerezza.
La frase: "I versi per me sono come le trine da cucina, sono belle ma accumulano sporcizia."
Mauro Corso
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