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Dopo Mezzanotte
"Il cinema è un'invenzione senza futuro (Antoine Lumière, 1895)". È tutto nell'ironia che si nasconde dietro questa poco lungimirante previsione il senso del film di Davide Ferrario.
Perché Dopo Mezzanotte non è solo un graziosissimo film, ma anche e soprattutto "uno svergognato atto d'amore per il cinema in quanto tale".
Girato con pochi soldi (Ferrario si è autoprodotto), rigorosamente in digitale, una piccola troupe, tre giovani attori e un'unica location, Dopo Mezzanotte è stato sin dall'inizio una scommessa con il diffidente mondo della distribuzione. Poi il Festival di Berlino gli ha aperto le porte di molte nazioni europee (compresa l'Italia) che ne hanno chiesto i diritti, fino a farlo diventare un piccolo caso cinematografico.
Molto diverso dai precedenti "Tutti giù per terra" e "Guardami" (a Ferrario piace sperimentare, non a caso è l'unico italiano ad essere stato invitato due volte al Sundance Film Festival), questo film, narrato dalla voce inconfondibile di Silvio Orlando, è un esempio di come possa realizzarsi un'opera godibilissima con pochi mezzi. Un film principalmente sull'amore, inteso in senso lato: non solo quello che coinvolge Martino, Amanda e Angelo, ma soprattutto quello che è il "bisogno di appartenere a qualcuno o a qualcosa", anche un'ideale o un luogo.
Le strade buie, isolate e periferiche di Torino si contrappongono a quel microcosmo fatto di magia e intimità rappresentato dalla Mole Antonelliana, in cui ha sede il Museo del Cinema e in cui Martino (un taciturno e delizioso Giorgio Pasotti) lavora come guardiano notturno. È qui che il suo destino si incrocia con quello di Amanda, in fuga dallo squallore quotidiano che la attanaglia. È qui che ogni notte Martino proietta immagini dei vecchi film che gli consentono di vivere in altri tempi, in altre dimensioni e dare vita ai suoi sogni.
Siamo catturati dai film di Pastrone e Buster Keaton e subito dopo catapultati nel mondo moderno, con nuove immagini in movimento che si alternano a didascalie dal sapore antico. Ecco, la vera anima del film è tutta lì, nella Mole Antonelliana con i suoi archivi segreti, gli anfratti, le scale, le pareti mobili, le vecchie foto e la possibilità di vivere 1000 vite diverse ogni volta che la luce si spegne e la gente va via.
Imperdibile per ogni cinefilo che si rispetti.
La curiosità: il film è distribuito da Medusa (gruppo Fininvest), ma in una delle scene finali è proprio il nostro Presidente del Consiglio ad essere messo alla berlina.
Francesca Onorati
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