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Com'è bello far l'amore











Il titolo di lavorazione era "Sex 3D", lasciando pronosticare chissà quale tripudio di carni maschili e femminili avvinghiate da gustare in rilievo con l’ausilio degli appositi occhialini, ma, alla fine, probabilmente complice la tendenza ad intitolare i film come gli hit musicali (citiamo solo "Ricordati di me" e "Nessuno mi può giudicare"), pare si sia optato per un esplicito riferimento allo storico ritornello di "Tanti auguri" di Raffella Carrà.
Ritornello con cui è stata anche chiamata la track di Patty Pravo scritta dal musicista Bruno Zambrini e dallo stesso regista Fausto Brizzi per questo suo sesto lungometraggio: quarto comprendente nel cast Fabio De Luigi e secondo Claudia Gerini.
Infatti, con un figlio dalle fattezze dell’Alessandro Sperduti visto in "Sbirri" (2009) e "Meno male che ci sei" (2009), sono proprio i due a vestire i panni dei protagonisti in qualità di solida coppia di quarantenni che, in preda al classico calo del desiderio conseguente alla lunga vita coniugale, finiscono per prendere in considerazione i consigli di un amico pornodivo di lei piombatogli in casa.
Quindi, con quest’ultimo interpretato da Filippo Timi, è chiaro che lo script – a firma dello stesso Brizzi insieme al fido Marco Martani e al veronesiano Andrea Agnello – non punti altro che a costruire la girandola di improbabili situazioni in cui immergerli al fine di strappare risate allo spettatore.
Impresa che, però, non sembra affatto riuscire, man mano che prendono forma circa 97 minuti penalizzati da una regia tutt’altro che distante da quella di tanti prodotti "leggeri" destinati al piccolo schermo e all’interno dei quali, oltretutto, piuttosto sfruttata male appare la vicenda adolescenzial-sentimentale che vede coinvolto il succitato Sperduti.
E, sorvolando su un’irrilevante visione tridimensionale, come vuole la tradizione brizziana le parti più riuscite sono quelle volte al romanticismo, nella fase finale; ma, stavolta, l’insieme presenta fin troppo il sapore di riciclo di strutture e argomenti già sfruttati nei precedenti lavori dell’autore di "Notte prima degli esami" (2006).
Tanto che, sebbene la noiosa operazione intenda ribadire che in amore la cosa davvero importante è la fantasia, riesce involontariamente a comunicare che dovrebbe continuare a esserlo anche per il cinema italiano del XXI secolo.

La frase:
"L’argomento principale di questo film è il sesso".

a cura di Francesco Lomuscio

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