Chengdu, i Love You
Sotto la regia della rockstar Cui Jian, esordiente dietro la macchina da presa, si comincia nel 2029 con la vicenda di una ballerina di samba che individua in un ventiseienne colui che fece del male al cugino ma che, allo stesso tempo, rappresentò la sua salvezza dal terremoto avvenuto quando era bambina.
E, con il timone di regia passato nelle mani del Fruit Chan autore della commedia d’azione "La prima missione" (1985) e di uno degli episodi inclusi nell’horror collettivo "Three extremes" (2004), si prosegue nel 1976, periodo in cui un terremoto fa invece da sfondo alla storia di un giovane maestro del tè che, da tutti creduto pazzo, s’innamora di una bella cameriera.
Sono questi i due segmenti che costituiscono i circa 78 minuti di visione atti a concretizzare un vero e proprio atto d’amore di celluloide nei confronti della capitale dello Sichuan, devastata in tempi recenti da un terribile cataclisma sismico.
Atto d’amore in cui il tempo, mandato avanti e indietro sia tramite il consueto uso di flashback che per mezzo del meno gettonato ricorso ad assurdi stratagemmi tecnici che annoverano rewind e fast forward, sembra essere uno dei principali protagonisti, insieme ai non sempre apprezzabili attori.
L’insieme, però, che tira in ballo nel primo episodio la filosofia dell’arte marziale dello Yiquan e che sfoggia nel secondo fotografia e scenografie nostalgicamente riconducibili a tanti kung fu-movie degli Anni Settanta, non tarda a rivelarsi nel complesso confuso e di difficile comprensione; soprattutto agli occhi dello spettatore occidentale, sicuramente meno preparato al confronto con uno spettacolo su pellicola oltretutto tempestato d’ironia tipica degli occhi a mandorla.
Senza contare penosi effetti digitali e ritmi narrativi che non faticano a rallentare l’intero corso dell’operazione, la quale non va presa altro che per un esercizio di stile comunque impreziosito dall’uso della colonna sonora che gli orientali, come sempre, sfruttano a dovere per accentuare il lirismo di determinate situazioni.

La frase: "Devi sapere domare la passione, è la cultura delle arti marziali".

Francesco Lomuscio

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