Carlos
Il film è ispirato alla vita del venezuelano Illich Ramìrez Sanchez, uno dei terroristi più famosi fra gli anni ‘70 e ‘80, ovviamente le informazioni relative a questo personaggio realmente esistito sono molteplici e disparate, mano a mano che passa il tempo le teorie e gli studi su di lui si approfondiscono. Riprendendo alcuni di questi studi il regista Olivier Assayas ricostruisce la nascita di questa "leggenda" del terrorismo internazionale, attraverso un film di 333 minuti presentato al Festival di Cannes in versione integrale e riproposto al Festival di Roma in una versione ridotta di 165 minuti circa. Con una ricostruzione storica e scenografica precisa, il regista segue con sguardo attento la sua attività a favore della causa filo palestinese e il suo rapporto con i capi e i compagni. Un uomo enigmatico dal carattere contraddittorio e violento, con una spiccata propensione per il comando ed interpretato da un convincente Édgar Ramìrez. Non sono però solo gli esordi a catturare l’attenzione di Assayas, ma anche lo sviluppo interiore e psicologico che avviene in quest’uomo, la sua crescita e la sua capacità di restare sempre al passo con i tempi, cambiando se stesso e adattandosi alle situazioni in cui si trova. Da giovane fa parte del terrorismo internazionale nel Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e diventando famoso per l’assalto al quartier generale dell’OPEC nel 1975, che portò al sequestro di sessanta diplomatici e alla fuga con loro in aereo. Un’operazione rischiosa che, pur portando alla fine dei rapporti con l’organizzazione, lo rende uno dei terroristi più apprezzati e ricercati al mondo, un vero mito simile ad una rock star. Lentamente però comincia la trasformazione in mercenario che lo porterà ad istruire sul campo i servizi segreti e le squadre terroristiche fino al definitivo declino sfociato nell’arresto. E’ una personalità ambigua, irosa, amante delle donne e delle armi, oltre che ovviamente di spettacolari gesti di violenza. L’opera, nonostante sia ben costruita a livello scenografico e iconografico, sembra però sfaldarsi durante l’evoluzione che porta Carlos da terrorista a mercenario. E’ un puro e semplice racconto di ciò che è stato, senza spiegazioni, senza un approfondimento in merito a tematiche e desideri o un’analisi introspettiva e psicologica dei personaggi. Sembra che l’unica cosa che interessi ad Assayas sia "l’accaduto", nel tentativo, forse disperato, di realizzare una "biografia cinematografica" di colui che è stato soprannominato "lo sciacallo": Carlos. Perfino il risvolto politico viene spostato in secondo piano, senza dare giudizi di merito, il film dunque è una pura e semplice registrazione della storia di un uomo importante nel panorama geopolitico mondiale. E’ innegabile la bravura di Édgar Ramìrez, che è costretto ad ingrassare e dimagrire di continuo, cercando di dare l’idea dell’inesorabile "disfacimento" di un guerriero, coincidente con la caduta del muro di Berlino, che altera completamente la situazione politica del pianeta. Accanto a lui una bravissima Juliette Binoche, Ahmad Kaabour, Christoph Bach, Alexander Scheer e molti altri.

La frase: "Dietro ad ogni proiettile che spariamo c’è un ideale".

Federica Di Bartolo

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