Bee Movie
Circa dieci anni fa (1998) Pixar e Dreamworks cominciarono a contendersi il mercato del cartone animato in computer graphic con due progetti (rispettivamente“A Bug’s life” e “Z”), che almeno nei protagonisti sembravano identici: una formica. Da allora, nessuno si era più riavvicinato al mondo degli insetti. A riprovarci, stavolta con un’ape, è la seconda, ossia la casa di produzione fondata da Steven Spielberg. Il protagonista, come in tante altre pellicole analoghe, è un giovane (Benson) che non vuole dedicare tutta la propria vita allo stesso lavoro (la produzione di miele) e pertanto si allontana dalle sue origini (l’alveare). Qui la curiosità lo porterà a incontrare e fare amicizia con alcuni umani (stavolta gli animali possono comunicare tranquillamente con loro) e litigare con altri, fino ad arrivare a promuovere una causa contro l’utilizzo non autorizzato del miele da parte di tutta la popolazione mondiale...
I temi di fondo sono presto detti: lo sfruttamento del lavoro e l’importanza della collettività intesa come punto di partenza per il benessere di qualsiasi società: per il bene comune ognuno deve fare il suo piccolo. Idee abbastanza leggere, per certi versi anche in contraddizione (la situazione di equilibrio finale sembra infatti ricalcare quella iniziale: le api devono fare il miele, gli uomini possono continuare a farne uso senza problemi) e che di fatto non fanno pensare a Bee Movie come ad un film che volesse fare “la” o “una” morale. Anche il possibile aspetto ecologista, l’idea di un mondo senza fiori, sembra più un problema per i fiorai che per l’intero ecosistema.
Ideato, scritto, prodotto e interpretato (nella voce originale) dal comico Jerry Seinfeld (Benson è il nome del suo personaggio in una famosa sit-com), Bee Movie ha dei momenti divertenti come la chiamata di Sting sul banco degli imputati a causa del proprio nome o alcune battute più salaci, ma non sembra unitario nella sceneggiatura, né particolarmente brillante nei dialoghi. E’ piacevole, ma soprattutto per un pubblico adolescenziale. Nota di merito: pochissimi citazioni di altri film (cominciano a stancare) e non esagerate (riconosciute: War games e Star wars) e personaggi che non assomigliano a tutti i costi alle voci di chi gli sta dietro (la Zellwegger, ad esempio, è diversa da Vanessa).

La frase: (riferendosi a Ray Lotta e giocando con il titolo originale di “Quei bravi ragazzi”): "He's no goodfella, He's a Badfella!".

Andrea D'Addio

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