Another Year
Arriva Mike Leigh e finalmente si respira vita vera e con lui ciò che è comune diventa eccezionale.
Dopo l’ottimismo esasperato di Happy Go Lucky – La felicità porta fortuna, film incentrato sulla figura della protagonista, la (troppo) solare Sally Hawkins, si ritorna dalle parti di Segreti e bugie, Palma d’oro a Cannes nel 1996, con un’opera corale che supera per intensità e verismo il paragone.
Non vi è molto da raccontare della trama del film, perché nulla pare accadere (anche se accade poi tutto), se non lo scorrere della vita stessa colto in un anno, a partire dalla primavera per chiudersi in inverno. L’anno della coppia formata da Tom (Jim Broadbent) e Gerri (Ruth Sheen), lui geologo prossimo alla pensione, lei psicologa in una struttura statale. Una coppia felice e gentile, dall’animo aperto ai problemi degli altri, che gravitano loro attorno con i propri affanni. Mary, una segretaria, collega di Gerri, divorziata depressa e nevrotica, che esprime la sua desolazione in una logorrea estenuante; Joe, il figlio della coppia, che pare aver trovato in Katie una compagna con cui condividere l’esistenza; Ken, un amico, ripiegato in se stesso, con la tendenza ad alzare un po’ troppo il gomito; Ronnie, il fratello maggiore di Tom, silenzioso osservatore. Nell’arco di un anno le esistenze di queste persone sono seguite da Mike Leigh, che qui è anche autore della sceneggiatura, in una messa in scena quasi teatrale, con molti interni, poche scene esterne e lunghi dialoghi. Interpreti tutti eccezionali, dalla coppia alla straordinaria Lesley Manville, nel ruolo di Mary, che muta sguardo ed espressione, che passa dall’allegria alla disperazione, nell’arco di pochi secondi.
Quello che interessa a Leigh è mostrare lo scorrere della vita attraverso le interazioni tra persone comuni, cui pare non accadere nulla di essenziale: un fiume che scorre inesorabile di giorno in giorno, di stagione in stagione, che porta con sé nuovi rapporti, delusioni, piccole gioie, dolori, nascite e morti. Lo sguardo del regista non si fissa su un particolare personaggio ma, nel contrasto con la serenità della matura coppia, li abbraccia tutti, con una pietas che rimanda all’originale significato del termine. La drammaticità del film sta proprio in questo apparente non accadere che è la vita, in cui, in realtà, a saperla leggere bene, accade tutto e tutto è eccezionale. Leigh pare suggerire che l’unico modo per vivere pienamente sia quello di trovare la chiave di questa lettura (come pare l’abbiano trovata Tom e Gerri), saper cioè scorgere lo straordinario in sé e negli altri, in quel fluire noioso e monotono di giornate. E l’eccezionale lo si rintraccia anche nell’apertura agli altri, in un ascolto partecipe di destini comuni, in un atteggiamento che non deve essere mai di rinuncia. La vita di ognuno è sempre straordinaria: vale la pena oltretutto che sia raccontata.

La frase: "Joe: “Sei uno spirito libero, una donna forte: il mondo è la tua ostrica!”
Mary: “È molto eccitante, sì… mi sento come Thelma e Louise.”".

Donata Ferrario

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