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8 amici da salvare
Nel 1983, il compianto Koreyoshi Kurahara diresse, ispirandosi ad un fatto realmente accaduto negli Anni Cinquanta, "Nankyoku monogatari", meglio conosciuto come "Antarctica", storia di una muta di cani da slitta che, abbandonati da un gruppo di ricercatori scientifici giapponesi, per cause di forza maggiore, in una sperduta base del Polo Sud, si trovavano costretti a combattere, da soli, per la sopravvivenza.
La pellicola di Kurahara, che ha sbancato i botteghini del Giappone ed ha detenuto il record d'incassi per più di dieci anni, sembra aver particolarmente colpito David Hoberman, produttore, tra l'altro, di "Moonlight mile" (2002) e "Un ciclone in casa" (2003), il quale, in piena febbre di remake a stelle e strisce, ha pensato bene di realizzarne un rifacimento, dai toni meno forti e volto al vasto pubblico delle famiglie, per la regia di Frank Marshall, che in fatto di animali su celluloide già si era occupato degli invadenti ragni di "Aracnofobia" (1990) e del feroce gorilla di "Congo" (1995). Quindi, con un'ambientazione innevata che ricorda "Alive-Sopravvissuti" (1993), altra sua fatica, Marshall ci propone "8 below", il cui titolo italiano riecheggia la vecchia produzione Disney "Quattro cuccioli da salvare" (1987), sostituendo gli occhi a mandorla con i volti di Paul Walker, Bruce Greenwood e Jason Biggs, rispettivamente nei panni di una guida, un cartografo ed un geologo. Tutti appartenenti ad una squadra di esploratori e scienziati che, aiutati da Katie/Moon Bloodgood, pilota di Piper, cercheranno in ogni modo di tornare nell'Antartide per portare in salvo gli otto husky che sono stati costretti a lasciare, a causa di uno degli inverni più rigidi del secolo.
Stendendo un velo pietoso sulla pessima recitazione di buona parte del cast (sarebbe ironicamente opportuno aumentare il numero dei cani nel titolo), possiamo tranquillamente affermare che questa vicenda il cui elemento determinante è l'amicizia, non priva di parentesi a loro modo inquietanti, con tanto di orca morta che sembra presa in prestito da "Lo squalo 2" (1978) di Jeannot Szwarc, ricordi non poco, grazie anche alle williamsiane musiche di Mark Isham (Crash-Contatto fisico), quella intramontabile tipologia di film per ragazzi (e non solo) che Steven Spielberg e seguaci portarono alla gloria negli Anni Ottanta. E, non a caso, Frank Marshall fu proprio allievo del Re Mida di Hollywood, ma, se "Antarctica" poteva rivelare un ulteriore motivo d'interesse nella narrazione costruita quasi esclusivamente sulle imprese dei disperati quadrupedi protagonisti, il suo film finisce per dilungarsi inutilmente, fino a raggiungere gli eccessivi 120 minuti di durata, tramite l'introduzione di superflue parentesi ambientate in città. Il risultato finale, quindi, se da un lato potrà rivelarsi, per gli amanti degli amici a quattro zampe, come un interessante oggetto di celluloide, dall'altro, tra lotta per la sopravvivenza ed i cani alle prese con l'aurora boreale, non potrà fare a meno di conferire agli spettatori rimanenti l'impressione di trovarsi dinanzi ad una delle più noiose puntate de Il mondo di Quark.
La frase: "Si deve rischiare per le cose che ci interessano veramente".
Francesco Lomuscio
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