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Unstoppable - Fuori controllo
Il cinema di Tony - Anthony - Scott ha ormai da tempo preso una deriva, potremmo dire, "popolare". Spieghiamoci. Esaurite le idee sulla serie spy-story, e finiti gli esperimenti cinetici con protagonisti cacciatrici di taglie ("Domino") o ex guardie del corpo alcolizzate ("Man on Fire"), ora il regista di cult come "Top Gun" e "Spy Game", da qualche tempo si è messo alle prese con l’America post 11 settembre. Quella che vede come protagonisti persone umili (pompieri, autisti, controllori, ecc.) al centro di situazioni di panico. Il precedente "Pellham 123 – Ostaggi in metropolitana" in qualche modo si potrebbe definire come un antefatto, un prequel ideale di questo "Unstoppable – Fuori controllo". Abbiamo, infatti, lo stesso protagonista, l’attore feticcio Denzel Washington; abbiamo un’ambientazione similare, lì la metropolitana, qui i treni; e abbiamo persino una struttura narrativa che, volendo essere pignoli, Tony Scott ricalca pedissequamente ormai da una decina d’anni, con rare variazioni sul tema. Parliamo in questo caso della cosiddetta "storia commentata": praticamente intendiamo un film in cui non solo vediamo ciò che sta accadendo, ma vari personaggi esterni alla vicenda, la commentano come fossero a un talk show, spesso osservando a loro volta la situazione da un televisore.
In "Unstoppable – Fuori controllo" abbiamo tutto questo. Due personaggi, attori bravi ma francamente poco credibili nel ruolo come Washington e il giovane Chris Pine, si ritrovano a essere l’ultima speranza di fermare un treno in corsa finito per errore umano accidentalmente fuori controllo. Naturalmente non mancano i cliché del genere: il treno in questione trasporta materiale altamente tossico/infiammabile, viaggia contromano ed è diretto a tutta velocità verso un quartiere altamente popolato di famigliole felici.
Il panico sale, ma non in sala...
Il problema è che Tony Scott propone un soggetto fuori tempo massimo per i film d’azione di oggi. Il suo "Unstoppable" poteva andar bene dieci, forse anche venti anni fa, ma adesso appare più che altro come il riciclo stanco di idee già viste. Il protagonista corre sui vagoni, c’è la coppia di incapaci che mandano tutto in malora, c’è l’ex marine che fallisce nel tentativo di salvare tutti, il capo delle operazioni è un inetto, e la bella di turno (Rosario Dawson) – guarda un po’ – è intelligente e sa pure ammiccare. Insomma la sagra del già visto. Anche la regia, in questo caso, non è poi così convincente come molti film precedenti. Tony Scott poteva fare anche film dal soggetto "traballante" (pensiamo allo stesso "Domino" o "Deja Vu"), ma innegabilmente li confezionava con una regia di carattere. Idee visive chiare, espressioni della sua idea di Cinema.
In questo caso la sua mano appare un po’ più stanca, meno ispirata rispetto al solito. Realizza così un film che ha di buono solo l’idea che sono le persone comuni a trainare la Storia. Non quella di Hollywood, ma quella del Mondo.
La frase: "Se non sai una cosa, devi chiedere!".
Diego Altobelli
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