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Ti sposo ma non troppo











Come il titolo stesso può lasciare intuire, si comincia da un matrimonio, ma destinato a concludersi male per la povera Andrea alias Vanessa Incontrada, che finisce poi per entrare involontariamente nella vita del fisioterapista single Luca, interpretato dal Gabriele Pignotta che, già tra gli sceneggiatori di “Sotto una buona stella” di Carlo Verdone, firma qui il suo primo lungometraggio da regista.
Perché, un po’ come accadde in uno degli episodi che costituirono nel 2011 “Ex-Amici come prima!” di Carlo Vanzina, pur di sedurre la bella delusa il protagonista arriva a fingersi psicologo, mentre un casuale doppio scambio di identità in chat provvede a stravolgere anche le vite di Carlotta e Andrea, prossimi alle nozze e rispettivamente con le fattezze di Chiara Francini e Fabio Avaro.
Bisogna precisare, però, che i circa novantacinque minuti in questione altro non sono che la rilettura su celluloide di uno spettacolo teatrale pignottiano quattro anni più vecchio della pellicola diretta dal figlio di Steno, quindi non possiamo davvero parlare di scopiazzatura da parte del neo-cineasta, la cui intenzione è quella di raccontare l’amore 2.0 ai tempi dei social network.
Un amore che, a mo’ di moderna favola, viene progressivamente costruito attraverso una commedia degli equivoci spruzzata quando necessario di romanticismo; man mano che, oltre al Francesco Foti della mini-serie televisiva “Tutta la musica del cuore” nei panni del fratello su sedia a rotelle di Luca, troviamo in scena anche Paolo Triestino e Paola Tiziana Cruciani in quelli degli esilaranti genitori di Carlotta.
Senza contare Catherine Spaak e Michela Andreozzi, che, forse sfruttate in questo caso un po’ troppo poco, completano un cast costituito una volta tanto da volti che non siano i soliti cui fa continuamente ricorso – in maniera intercambiabile – il cinema “leggero” tricolore d’inizio XXI secolo.
Volti piuttosto in forma che rappresentano uno dei maggiori punti di forza dell’operazione, non particolarmente originale per quanto riguarda l’idea di base ed imperfetta nel ritmo generale, ma capace di evitare eccessi di banalità nello strutturarsi in mezzo ad occasioni per ridere, imprevisti del cuore e la indispensabile carica di simpatia.

La frase:
"L’ho sempre immaginato così il matrimonio".

a cura di Francesco Lomuscio

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