I due presidenti (The Special Relationship)
L'ingenuità (o l'illusione) di questo film è di farci credere che ancor oggi, con il mondo sempre più nelle salde e rapaci mani dei potentati economici che di fatto governano ogni angolo del pianeta, la politica mondiale del decennio passato sia invece il parto illuminato di due uomini, “I due Presidenti”, la coppia Clinton/Blair, e delle loro convinzioni e dei loro ideali. Sfrondato il campo da questo equivoco, e attenendoci ad una lettura umanistica, il film di Richard Loncraine si fa certamente apprezzare. Oggetto della narrazione è la relazione (“The Special Relationship” il titolo in inglese) instauratasi tra i due uomini a capo delle due superpotenze del mondo occidentale. Nelle sequenze iniziali vediamo il giovane Blair (ancora con le fattezze di Charlie Sheen) a Washington, alle prese con la futura campagna elettorale che lo porterà nel 1997 a vincere le elezioni scalzando i conservatori da un governo che durava da oltre 18 anni. Studia da premier alla scuola di Clinton, già Presidente degli Stati Uniti. Una volta diventato premier, il rapporto tra i due uomini si intensifica fino a diventare una vera e propria amicizia, come amiche diventano le due rispettive mogli. Insieme, con mutua assistenza, affrontano crisi mondiali, ma anche personali, come il processo di pace nell'Irlanda del Nord, l'intervento nell'ex-Jugoslavia per scalzare il dittatore Milosevic, l'affaire Levinsky, solo per citarne alcune. Nel raccontarci questo rapporto privilegiato, cosa vuol dirci l'autore del plot Peter Morgan (già sceneggiatore dei precedenti film su Blair “The Deal” e “The Queen”) ? Intanto, banalmente, che dietro ogni grande uomo c'è una grande donna. Almeno, così sembra, analizzando i ruoli delle due first Lady. Anche se, nel confronto, la Clinton sembra molto più presente di quanto non lo sia la signora Blair (la quale, in un paio di interessanti battute si lamenta col marito di ascoltarla poco e distrattamente); in realtà entrambe dimostrano un forte ascendente sui rispettivi mariti, a discapito di quanto non dica la storia stessa. Altro aspetto che l'opera mette in risalto è il confronto tra i due uomini dove all'apparenza la figura di Clinton sembra predominare su quella del collega britannico salvo poi, in un finale malinconico e da viale del tramonto, non farci cogliere nello sguardo dell'ormai ex presidente degli Stati Uniti (il bravo Dennis Quaid) la consapevolezza che il giovane rampollo ha di molto superato il maestro, in scaltrezza ed opportunismo. Tema, quello dell'opportunismo e della convenienza politica di Tony Blair, che già era stato sviscerato nel precedente “The Queen”. Ma il film, sostenuto da un buon ritmo, considerata la sostanziale assenza di azione, sembra anche spingerci anche ad una riflessione più sottile circa gli ideali che muovono un politico “progressista” (o presunto tale) e di quanto poi sia difficile realizzarli una volta che ci si trova nella stanza dei bottoni. Spesso, durante il film, si ascoltano espressioni come “politico di centro sinistra”, e si coglie la difficoltà di trovare una definizione precisa a detta locuzione... molto attuale, dunque, anche e soprattutto per la realtà nostrana.

La frase: "E' molto più facile cambiare il programma del partito che la testa della gente".

Daniele Sesti

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