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The Imitation Game











Ricordate il matematico John Nash? Si proprio quello del pluripremiato capolavoro di Ron Howard “A Beautiful Mind”, con Russell Crowe protagonista. In “The Imitation Game” la struttura narrativa è molto simile, cambia soltanto il protagonista: qui è Alan Turing, leggendario ingegnere analista, matematico e crittografo inglese a essere raccontato.
Il protagonista è interpretato da Benedict Cumberbacht, al cinema con “Star Trek: In to the Darkness” e come voce del drago Smaug in “Lo Hobbit”, qui alla migliore prova della sua carriera, affiancato come attrice non protagonista da una bravissima Keira Knightley. I fan del piccolo schermo potranno invece ritrovare, oltre che allo stesso investigatore Sherlock Holmes, anche Charles Dance, una delle stelle più apprezzate della saga di “Games of Thrones” come Tywin Lannister, scomparso proprio nell’ultima stagione.
L’opera diretta da Morten Tyldum, al primo lungometraggio in lingua inglese, ha il merito di raccontare una grande vicenda storica, ma la pone come un semplice background lasciando il centro della scena al protagonista caratterizzandolo in ogni sua sfumatura. Il geniale matematico Alan Turing viene assoldato dal governo per lavorare alla decriptazione del Codice Enigma, fonte di grande vantaggio per le forze dell’Asse e principale motivo di debacle per gli Alleati. Il progetto per decifrarlo è guidato proprio dal giovanissimo laureato di Cambridge, che dopo alcune titubanze del comandante Denninston (Charles Dance), diventa responsabile del team a Bletchley Park. Particolarmente brillante nei cruciverba li usa in modo incredibile, e grazie all’aiuto di Joan Clarke (Keira Knightley) riesce ad acquisire buone capacità di leadership fino a quel momento inesistenti.
La pellicola ricorda veramente tantissimo come già detto il biopic sul premio Nobel ideatore de “La teoria dei giochi”, la narrazione con continui background è davvero interessante e tiene lo spettatore incollato davanti allo schermo permettendoci di capire alcuni atteggiamenti di Turing che, altrimenti sarebbero rimasti oscuri. Il dott. Nash era affetto da schizofrenia, mentre in questo caso il mago di Cambridge è omosessuale. Una situazione che lo devasta, lo costringe a vivere rinchiuso in se stesso per la paura di persecuzioni. La situazione però cambia, fino ad arrivare a una completa accettazione di se stesso a prezzo molto elevato. La decifrazione del Codice Enigma procede parallelamente proprio a quella del proprio io, così da vivere le due vicende in tutt’uno e grande merito di questo va alla sorprendente regia.
L’opera di Turing ha cambiato la storia del mondo, creando Bomba, il primo calcolatore da lui ribattezzato affettuosamente Christopher come l’amico d’infanzia che appare in alcune scene.
Benedict Cumberbacht è perfetto nei panni del genio inglese, lui che già ha incantato la tv nel ruolo del brillante Sherlock Holmes risulta sempre più adatto a parti intellettuali e intuitive. La cosa più straordinaria però è l’emozione che riesce a trasmettere, la sorpresa e la velata tristezza nei suoi sguardi portano a vivere una grande esperienza cinematografica. Gli Academy sono molto sensibili ai biopic, basti pensare anche a “Lincoln” (2013), “Dallas Buyers Club”(2014) e “12 Anni Schiavo” (2014) solo per citare i più recenti, e agli argomenti sociali affrontati in “The Imitation Game”, sarà molto difficile che siano ignorati. La riscoperta del biopic mette sul piatto tanta carne al fuoco, con un genere amato in ogni ambito e che con quest’opera si conferma a livelli qualitativi sopra la media.
La vita di un genio è sempre una solida base su cui costruire qualcosa di altrettanto geniale. Certo se il buon giorno si vede dal mattino dopo quest’opera sarà difficile togliere dalle sale Morten Tyldum e, soprattutto, questo magistrale Benedict Cumberbach finalmente maturo per levarsi tante soddisfazioni personali sul grande schermo.

La frase:
"Sono le persone da cui non ci aspettiamo niente d’importante a realizzare le cose più importanti".

a cura di Thomas Cardinali

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