Le colline hanno gli occhi
Per dare un giudizio sereno di un film come questo, occorre iniziare il discorso esplicitando un concetto che molti sussurrano ma che quasi nessuno ha il coraggio di affermare ad alta voce: "Le colline hanno gli occhi" (1977) è un film noioso, mediocre e tra le pellicole più sopravvalutate della storia del cinema; mentre il signor Wes Craven si è dimostrato, sulla distanza, un autentico bluff (La musica del cuore? Cursed? Red Eye? Ma fatemi il piacere!). Se togliamo, infatti, il sottotesto politico comunque interessante, il film del 1977 non può nemmeno lontanamente essere paragonato alla carica disturbante presente nei contemporanei "L'ultima casa a sinistra" o "Non aprite quella porta", anch'essi non certo privi di un sottotesto fortemente simbolico. Detto questo, non è il caso di stupirsi se un giovane talento come Alexandre Aja (Alta Tensione) sia riuscito a realizzare un remake più intelligente, divertente e infinitamente più inquietante del film originale. La storia è sempre la stessa: una tipica famiglia americana a bordo di una camper sta attraversando il deserto del New Mexico per raggiungere le spiagge della California; ad un certo punto le gomme del veicolo scoppiano e il gruppo si ritrova bloccato nel nulla senza nemmeno poter utilizzare il cellulare. Ma il peggio deve ancora arrivare, infatti nella zona (ex sito di esperimenti nucleari) vive una comunità di pericolosissimi freaks i quali attaccano la famiglia, ne uccidono alcuni componenti e rapiscono il neonato: toccherà al padre tentare di ritrovarlo. Già dai titoli di testa, Aja dimostra di avere le idee chiare e, intelligentemente, dilata quello che è lo scontro centrale (la famiglia civile si scontra con il suo doppio oscuro) portandolo ai massimi sistemi: gli assassini orrendamente mutati, infatti, altro non sono che i discendenti di coloro che, nel 1950, vennero bombardati dalle radiazioni scaturite dagli esperimenti nucleari condotti dal Governo degli Stati Uniti. Dal punto di vista scenografico, azzeccatissima la scelta di ambientare il rifugio dei freaks in una di quelle cittadine prefabbricate (con tanti di manichini), costruite dall'esercito con lo scopo di testare gli effetti delle esplosioni. Violentissimo, teso e politicamente scorretto (occhio alla scena in cui il freak Big Brain canta una versione distorta dell'inno americano!) il film di Aja non sarà l'opera che cambia la vita, ma è di certo uno tra i migliori remake visti negli ultimi anni.

La frase: "Lasciate in pace Doug: lui è un democratico…non crede nelle pistole!"

Paolo Zelati

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