The Gates
Ventisei anni di battaglia per due settimane di esposizione. Il motivo per cui The gates, l’installazione che Christo e sua moglie Jeanne-Claude hanno realizzato a Febbraio 2005 al Central park di NewYork, merita un film è in questa sproporzione “di tempi”. Può mai un’opera d’arte che intende abbellire un luogo senza deturparlo, senza rimanere perenne e quindi invasiva, necessitare di così tanto tempo per essere realizzata quando la firma è di uno degli artisti-architetti più famosi dell’età contemporanea? I fatti dicono di si.
Antonio Ferrera e Albert Maysles recuperano video d’archivio partendo dal lontano 1979, mostrando un Cristo e una Jeanne-Claude mentre giovani, cercano di far passare il proprio progetto alle riunioni distrettuali della popolazione. L’idea di queste tante porte arancioni, che assieme al vento e alla luce, facessero del famoso parco di Manhattan un luogo ancor più suggestivo e “vivo”, non convinceva. I soldi non possono essere spesi meglio? Central park non è già bello così?
Solite domande che rimandavano quello che ormai era solo un sogno finché il neosindaco della città, Bloomberg, non ne firmò l’autorizzazione. Ecco allora i nuovi sopralluoghi, la nuova, spesso denigratoria, campagna stampa contraria al tutto, la voce dei normali cittadini e, finalmente, l’inizio dei lavori. Fabbricazione dei materiali, contrattempi, ma soprattutto la gioia di tante persone qualsiasi che hanno partecipato al progetto. E’ infatti nella possibilità di coinvolgere e far dell’arte una realtà viva e da toccare, la grandezza del lavoro di Christo. Il documentario indugia spesso sulla natura solitaria del parco prima dell’installazione, e di come questa, una volta realizzata, abbia riportato la gente a passeggiare tra alberi e laghetti, sorridente per la neo attrazione. I bambini felici, gli adulti sollecitati ad esprimere un’opinione, buona o cattiva che sia, ma comunque un’opinione sull’arte.
Il film di per sé non è il massimo del divertimento, soprattutto negli ultimi venti minuti in cui sembra voler realizzare un servizio fotografico sull’opera d’arte. Ne esce un lavoro che sul grande schermo (è presentato nella sezione extra della Festa del cinema di Roma) trova una dimensione troppo impegnativa per ciò che vuole raccontare.
La frase: "Questo progetto appare solo perché gli autori si sono impegnati a farlo accadere".
Andrea D’Addio
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