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The Big White
Mark Mylod, regista che esordì cinematograficamente nel 2002, con Ali G, ma in realtà già attivo nell'ambito del piccolo schermo fin dal 1994, torna dietro la macchina da presa per raccontarci The big white, ambientato in Alaska, terra di alci e torte al forno, immersa in quelle interminabili, bianche distese innevate che non ci lasciano pensare ad altro che al vuoto dei sentimenti, il quale, appunto, con essi và colmato. Ma è solo una delle tante, interessanti simbologie che lo spettatore più attento può scovare mentre assiste alla vicenda dello sfortunato e mite agente di viaggio Paul Barnell, indebitato fino al collo ed affiancato dalla compagna di vita Margaret, affetta da una forma psicosomatica della Sindrome di Tourette, che la rende sboccata e volgare. Intenzionato a saldare tutti i suoi debiti e curare la moglie incassando il milione di dollari della polizza sulla vita intestata al fratello Raymond, scomparso da cinque anni, Paul s'imbatte in Ted Watters, giovane ed ambizioso perito delle assicurazioni che respinge la sua offerta, in quanto il tempo trascorso non è sufficiente a dichiarare ufficialmente morto l'uomo. Ma l'occasione per portare avanti il suo progetto si presenta quando, trovato per puro caso un cadavere tra i rifiuti, vittima di omicidio, decide di farlo passare, dopo averlo reso irriconoscibile, per quello del fratello, come avrebbe sicuramente pensato di agire uno dei "mostri" del nostro Dino Risi; e tutto potrebbe filare tranquillamente liscio, ma i veri assassini, nell'intento di provare che hanno portato a termine la missione, si mettono sulle tracce della salma, fino a prendere in ostaggio Margaret, e, come se non bastasse, Raymond, dopo aver letto sul giornale la notizia della sua presunta morte, fa l'inaspettato ritorno a casa.
Quindi, come in Fargo (1996) di Joel Coen e Soldi sporchi (1998) di Sam Raimi, la neve è pronta per essere insanguinata, senza perdere mai, però, il senso dell'umorismo, in quella che possiamo tranquillamente definire come una irresistibilmente esilarante commedia nera, la quale, se all'inizio sembra voler mostrare fino a che punto un uomo sia capace di arrivare per denaro, in conclusione ci spinge a riflettere su quanto un essere umano sia disposto a rischiare per la persona che ama. Una commedia ottimamente sceneggiata dallo sconosciuto Collin Friesen, al cui interno, con gran sorpresa, sembra pulsare il cuore di un sincero e riuscito b-movie, a partire dalla varietà di personaggi assurdi che vengono messi in scena; d'altra parte, l'immagine di Gamera (tartaruga gigante dei monster-movies giapponesi) che s'intravede su una rivista tenuta in mano da Margaret, non può essere interpretata altro che come un probabile omaggio al cinema di genere. E la donna, che spara a zero parolacce manco fosse l'indemoniata Linda Blair de L'esorcista, è l'ennesima riprova della grande professionalità di Holly Hunter, la quale, affiancata dagli altrettanto eccezionali Robin Williams, Giovanni Ribisi e Woody Harrelson, contribuisce a testimoniare che, mentre il cinema italiano del nuovo millennio continua a popolarsi di cast "troppo belli", quello a stelle e strisce riesce ancora a contare su attori troppo bravi. Come il regista, del resto, il quale, tra le molte doti, possiede quella di saper accoppiare abilmente musica ed immagini, generando perfino poesia.
La frase: "E' incredibile, i peggiori sono quelli per bene".
Francesco Lomuscio
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