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Stormbreaker
E' osservando il figlio di una coppia di amici che parlava alla perfezione varie lingue ed era cintura nera di Tae Kwon Do che a Anthony Horowitz, prolifico scrittore di libri per bambini, venne l'ispirazione originale per il personaggio di Alex Rider, giovane protagonista delle sei avventure letterarie iniziate nel 2000 con "Stormbreaker", ora trasformato in lungometraggio cinematografico da Geoffrey Sax, regista dal passato televisivo poi passato al grande schermo con il thriller "White noise" (2004).
E, senza perdere tempo, si comincia immediatamente con una serrata sequenza d'inseguimento che vede protagonista Ewan McGregor, tra effetti pirotecnici ed automobili distrutte, nei panni di Ian Rider, modesto agente di banca, almeno agli occhi del nipote Alex. Sarà infatti quest'ultimo, adolescente con il volto del semi-esordiente Alex Pettyfer (alle spalle solo un tv-movie intitolato Tom Brown's schooldays), a scoprire che lo zio, morto in circostanze misteriose, era in realtà un agente segreto che è stato assassinato dallo spietato killer Yassan Gregorovich, interpretato dal Damian Lewis de "L'acchiappasogni" (2003); quindi, reclutato dalla Divisione Operazioni Speciali dei Servizi Segreti, il ragazzo, perfetto poliglotta, subacqueo provetto, tiratore scelto ed esperto di arti marziali, si renderà ben presto conto che il parente scomparso non ha fatto altro che assecondare i suoi hobby al fine di prepararlo ad una carriera nel mondo dello spionaggio.
Carriera che inizia, sotto le mentite spoglie del vincitore di un concorso organizzato da una rivista, all'interno della lussuosa dimora del multimiliardario Darrius Sayle, con le fattezze di Mickey Rourke, il quale, offertosi di donare gratuitamente un super computer Stormbreaker ad ogni scuola del Paese, nasconde qualcosa di losco dietro l'apparente generosità.
Il tutto, come lasciano già intuire i primi minuti di visione, raccontato attraverso il ricorso ad indispensabili dosi d'ironia atte ad "alleggerire" le inverosimili sequenze d'azione, con inevitabili rimandi alla saga dell'agente segreto 007 e, meglio ancora, a quella di "Spy kids", a partire dal Signor Smithers incarnato da Stephen Fry, dispensatore di tanto sorprendenti quanto esilaranti gadget da spia, proprio come il Q che rifornisce James Bond ed l'Isidoro Cortez della trilogia rodrigueziana. Perché, al di là della discutibile prova dell'ancora acerbo Pettyfer, sono anche assurde invenzioni come il dentifricio corrosivo, lo yo-yo speciale e la penna che consente di controllare la volontà delle persone a rendere piacevoli 93 veloci minuti, senza infamia e senza lode, che, pur rischiando in più di un'occasione di perdere il senso del ritmo narrativo, riescono nell'impresa di lasciar emergere una evidente metafora anti-violenza, mentre imperversano sullo schermo volti noti della moderna celluloide, dal Bill Nighy di "Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma" (2006) alla Alicia Silverstone di "Batman & Robin" (1997), per concludere con il sempre ottimo Andy Serkis, meglio conosciuto come il Gollum della trilogia "Il Signore degli Anelli", il quale ci regala il divertente personaggio di Grin, tirapiedi del signor Sayle, come pure la perfida Nadia Vole/Missy Pyle ed una pericolosissima e velenosissima medusa.
La frase: "Non è un ragazzo signor Blunt, è un'arma letale".
Francesco Lomuscio
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