Still life
Apparentemente, John May potrebbe sembrare un uomo insignificante, un impiegato insoddisfatto che conduce una vita vuota e quasi completamente solo; invece, Mr. May (Eddie Marsan) è un uomo pieno d’amore ed empatia, anche se non verso le persone vive: il suo lavoro presso il comune di Londra consiste nel rintracciare i parenti delle persone che muoiono in solitudine, i cui funerali sarebbero deserti se non ci fosse lui e nessuno si preoccuperebbe di loro se John non fosse animato da una grande comprensione e solidarietà nei loro confronti. Alla vigilia del licenziamento, dopo ventidue anni, capita un caso che scuote particolarmente Mr. May che si mette sulle tracce del misterioso Billy Stoke, riuscendo a ricostruire la sua vita e, grazie a questa ricerca, migliorerà un po’ anche la sua.
Per raccontare una storia tanto insolita con un protagonista così particolare, Umberto Pasolini – regista, sceneggiatore e produttore – sceglie lunghe sequenze silenziose, colori tenui e luci morbide (che riportano perfettamente il tempo londinese) e inserisce un sottofondo musicale solo in rare occasioni. Tutte accortezze che si rivelano azzeccate: rimaniamo coinvolti, incollati allo schermo, desiderando continuamente di sapere cosa accadrà nella scena successiva. La comunicazione attraverso gli espedienti tecnici è perfettamente riuscita, segno di una grande padronanza del mezzo. Un altro punto forte di questo bellissimo film è certamente la sceneggiatura: malgrado la serietà dei temi trattati, l’autore trova spazio per un’ironia genuina e inaspettata, perfettamente in linea con lo spirito del film. Scritto molto bene, "Still life" contiene centinaia di spunti (visivi e non) e tanti piccoli geniali dettagli che ci offrono una visione dei fatti più completa, quasi intima. Colpisce poi la caratterizzazione del protagonista, i contrasti della sua esistenza, la sua unicità. Senza contare poi il contribuito degli attori, principali e secondari, davvero notevole.
"Still life" dunque, "ancora vivo"; o forse si potrebbe interpretare con "la vita c’è ancora", anche dopo la morte di una persona di cui a nessuno sembra importare. Piacevole durante tutta la durata e commovente nel finale, il film di Umberto Pasolini ci comunica proprio questo: gli effetti benefici dell’impegno incondizionato e disinteressato di Mr. May affinché qualcuno non venga abbandonato al suo destino. Perché non avere legami affettivi, o averli perduti, non significa non meritarli più.
La frase:
"Non è troppo tardi".
a cura di Fabiola Fortuna
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