Station Agent
Premiato dal pubblico al Sundance 2003 (festival del cinema indipendente statunitense), "Station Agent" era sicuramente uno dei film low-budget della stagione più attesi da chi preferisce le piccole produzioni ai soliti blockbusters.
Le aspettative, purtroppo, sono disilluse.
Fin è un giocattolaio nano che ama la solitudine che, quando, eredita un casolare vicino ad un deposito di treni a Newfoundland, anonima cittadina del NewJersey, decide di trasferircisi.
Fin è un tipo introverso e solitario, affatto interessante, tanto che, in un passaggio emblematico del film, afferma, senza timore di smentita, di essere "un uomo semplice, ed anche noioso". A doverci interessare dovrebbero essere quindi le storie dei personaggi con cui lui, volente o nolente, viene a trovarsi in contatto. Conosceremo così il dramma di Olivia, abbandonata dal marito dopo la morte del loro unico figlio, i rimpianti di Joe, giovane cubano costretto a sostituire il padre malato al furgoncino degli hot-dog, e i dubbi di Emily, affascinante bibliotecaria dal fidanzato violento.La capacità di ascoltare di Fin non solo lo porterà ad essere il fulcro delle loro storie (proprio come un capostazione con i treni), ma riuscirà anche fargli a sgretolare la corazza di diffidenza di cui aveva munito il proprio carattere. L'amicizia che verrà a formarsi darà ad ognuno di loro la forza di affrontare la vita e i suoi problemi, senza aver timore di mostrare le proprie debolezze.
Tematiche sicuramente interessanti che purtroppo perdono gran parte del proprio mordente per dei dialoghi alternativamente troppo aridi e pomposi. E così, talvolta assistiamo a veloci e laconici "botta e risposta" che poco e nulla ci rivelano dei personaggi e delle loro storie, altre volte, invece, ci tocca assistere a vere e proprie esplosioni di monologhi che ci spiegano emozioni e atteggiamenti. Il risultato è un film freddo che non commuove né diverte e che, nonostante alcune affascinanti "cartoline", finisce per avere il più importante punto di forza nella coraggiosa scelta del regista e sceneggiatore Tom McCarthy di puntare su un protagonista veramente menomato fisicamente, vittima spesso di un inconscio "razzismo" generale. Purtroppo, non basta.

La Frase: "- Hai fame? - No! - Hai sete? - No! - Non sei di molte parole! - No!".

Andrea Gerolamo D'Addio

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