01 Settembre 2006 - Conferenza Stampa
"The City of Violence"
Intervista al regista e al cast.
di Elisa Giulidori


Stamattina alla conferenza stampa, non molto gremita, di Jakpae (The City of Violence) erano presenti il regista e interprete Ryoo Seung-wan e gli attori Jung Doo-hong, Lee Bum-soo.

Leggi l'Intervista esclusiva al regista del film "The City of Violence"

In una nota del press book lei parla di "maniera coreana" di filmare le scene di combattimento; cioè non uno contro uno ma più persone che si fronteggiano. Potrebbe spiegare meglio cos'è questa scuola coreana del combattimento?
Ryoo Seung-wan: Non posso essere considerato il rappresentate del genere, ma ritengo di aver girato un film molto personale. Volevo mostrare, non tanto, l'abilità nella lotta ma ciò che avviene nei personaggi, le loro sensazioni, ciò che provano quando lottano. Più che parlare di violenza volevo parlare dei sentimenti che si provano mentre si lotta. Le azioni di lotta sono fatte col corpo. È importante girare la scena del colpo, ma ho voluto anche mostrare le emozioni di chi sferra e di chi riceve il colpo.

Vorrei chiedere a Jung Doo-hong, l'attore protagonista e coreografo delle scene d'azione, come ha costruito queste ultime.
Jung Doo-hong: Sono un esperto di arti marziali, ma anche il regista le conosce molto bene. Questo lavoro è stato, perciò, una collaborazione tra di noi. Un continuo dialogo dove anch'io ho imparato molto. In questo film volevamo mostrare i tipici movimenti delle arti marziali coreane. C'è differenza tra i combattimenti cinesi, giapponesi e di Hong Kong. Hong Kong e Cina ad esempio, concentrano l'attenzione sulla bellezza dei movimenti, sull'estetica del corpo. In Giappone i combattimenti sono, soprattutto, costruiti con la spada, questo è legato alla tradizione dei samurai. In occidente, a Hollywood, l'accento è sulla forza e l'energia fisica. In Corea, invece, ci sono molti sentimenti coinvolti e questo è ciò che volevo esprimere. La felicità della lotta ma anche il dolore.

Nel suo film non sono presenti le pistole, come mai?
Ryoo Seung-wan: Le pistole sono proibite in Corea. Se ti trovano con un arma vieni arrestato. E poi non ho esperienza con questo tipo di lotta. Se si fa a botte e poi ci si accorge di aver sbagliato si può chiedere scusa. Se spari a uno è difficile poi poter chiedere scusa.

Alcuni l'hanno paragonata a Tarantino. Cosa ne pensa di "Kill Bill"?
Ryoo Seung-wan: "Kill Bill" mi è piaciuto molto. Ma lì le arti marziali si rifanno alla tradizione dei film anni '70. Sono utilizzate come un giocattolo. Nel mio film c'è maggior sincerità. In Corea hanno paragonato il film a "Kill Bill 1", erano stati notati elementi simili, ma per me invece sono opposti. In "Kill Bill" si va da un luogo di lotta angusto ad uno spazio molto grande, si pensa quasi a una liberazione. Mentre nel mio film la vendetta si sviluppa da un luogo ampio fino ad arrivare ad un luogo angusto, perché la vendetta non porta liberazione. Tutti e due giocano con violenza e vendetta ma qui è più realistica.



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