26 Gennaio 2006 - Conferenza Stampa
"Senza destino"
Intervista a Lajos Koltai, Marcell Nagy e Ennio Morricone.
di Francesco Lomuscio


In occasione della Giornata della Memoria, esce nelle sale cinematografiche italiane Senza destino, dramma ambientato nel periodo dell'Olocausto diretto da Lajos Koltai ed interpretato dal giovane Marcell Nagy. Accompagnati dal maestro Ennio Morricone, che ha curato la colonna sonora del film, l'attore ed il regista hanno incontrato a Roma la stampa.

Signor Koltai, il suo film sembra molto diverso da quelli sull'Olocausto visti negli ultimi anni, tipo La vita è bella, Il pianista e Train de vie…
Lajos Koltai: Alla base di tutto c'è il romanzo, che ho letto nel 2000 e mi ha colpito molto, proprio perché ha un nuovo linguaggio letterario che non ho mai riscontrato in precedenti romanzi ungheresi. Cinematograficamente parlando è molto difficile gestire questo tipo di materiale e per me è stato straordinario: abbiamo usato un punto di vista diverso rispetto al tutto, perché al centro c'è un uomo e, partendo dall'interno del campo, si procede verso l'esterno. Dovevamo cercare di non incorrere nel pericolo che caratterizza tutti i film di questo genere, cioè quello di fare l'errore di percorrere la strada del sentimentalismo. Perché è la storia di un uomo il cui destino, per caso, conduce all'Olocausto, nel momento in cui viene fatto scendere dall'autobus. Il film è durato 4 anni, di cui uno dedicato alla scelta dei 144 attori, fatta da me senza il direttore del casting.

Quindi, secondo lei, il messaggio del film vuole che a chiunque di noi possa accadere qualunque cosa. E la storia con la "s" maiuscola, secondo lei, è legata alla casualità?
Lajos Koltai: Sì, credo che molte cose avvengano per caso, mentre molti processi sono prevedibili e calcolati, ma non credo che il mondo possa cambiare per caso. Purtroppo, il mondo sta andando in una direzione molto brutta e credo che tutti, come il ragazzo nel film, dobbiamo trovare una tecnica di sopravvivenza.

Lei sembra molto pessimista nei confronti della attuale situazione mondiale. A cosa si riferisce esattamente?
Lajos Koltai: In realtà ho voluto semplicemente fare questo film perché mi è piaciuto il romanzo ed il suo diverso punto di vista, ma non credo che il film voglia essere così pessimista.

Al ritorno a casa il ragazzo prova un certo rigurgito verso la sua religione…
Lajos Koltai: E' una critica inclusa nel libro, perché con lui parlano tutti del comune destino ebreo, ma l'uomo che lo ha vissuto è lui. E la critica vuole che lui, in un anno, sia diventato un anziano saggio, mentre i due anziani sono rimasti bambini.

Marcell, come ti sei preparato per ricoprire la parte del protagonista?
Marcell Nagy: Beh, dal punto di vista emotivo è stato fondamentale il mio rapporto con Lajos. Comunque, i campi di concentramento che vedete nel film non sono stati realizzati per mezzo del computer, ma ricostruiti veramente, quindi, quando ti ci ritrovi insieme ad altre persone svestite la suggestione non è poca. Poi ho avuto anche un ottimo rapporto con tutti gli altri attori. I tre fattori principali, quindi, sono questi, ma il fondamentale, come già detto, è stato il rapporto con Lajos.

Maestro, come ha costruito questa musica?
Ennio Morricone: C'erano due strade da prendere, quella della musica traumatica, che abbiamo voluto evitare, e quella del bambino che va' via per poi tornare a casa dopo un anno: quindi la nostalgia del ritorno, la volontà di resistere per tornare.
Lajos Koltai: Mi sembra il giusto momento, davanti alla stampa italiana, per ringraziare il maestro di tutto ciò che ha fatto per il film, perché, pur avendo curato la fotografia di oltre 70 lungometraggi, questo è il mio primo da regista. Il maestro mi costringeva a raccontare le immagini del film che avevo in me, poi si metteva al pianoforte e suonava ciò che provava in quell'istante. Io apprezzavo e, dopo avergli chiesto se ciò si poteva mettere per iscritto, lui si chiudeva nella sua stanza, dove non si poteva entrare, e creava.
Ennio Morricone: Io ringrazio Lajos, ma devo dire che il merito è suo, perché ritrovo nel film la capacità di esprimersi senza enfasi, oggettivamente, ed il messaggio non distrugge la musica. Io ho solo risposto con la musica all'esigenza di mostrare la crescita interiore del ragazzo e ritengo questo film come uno dei più grandi in generale, non solo nel suo genere. Non parlo mai della mia musica, né bene, né male, ma devo dire che qui ci sono bei temi, grazie al suo missaggio. Gliene ho fatti sentire diversi e devo dire che Lajos ha scelto bene.

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